giovedì 3 gennaio 2008

Sarete tutti con me

E poi la pianto di fare il sentimentale, come ha detto qualcuno.

Poche ore, poi le parole smetteranno di essere italiane: cèck in, bordin pass, fasten sit bèlt, plìs, de facchin bebi is cràing, aichènnòt slìp.

Immagino giganteschi poliziotti americani che mi scrutano, mi fanno la radiografia all'immigration. Immigréscion, scusa.

La mia foto sul passaporto fa pensare a facce che sarebbero state sospette anche ben prima dell'undici settembre, Azuz Marzouk sembra un putto del presepio in confronto a me. Mamma perché mi hai fatto così scuro? (si può dire terone nel blog?)

Ma ecco son qua. Il rumore della cerniera della valigia che si chiude esiste davvero, la sensazione di aver dimenticato qualcosa è sparita, tutto è pronto. Sguardo solenne che percorre tutta la sala, con sorriso di benevolenza. Non ho mai chiuso la porta di casa un modo tanto sacrale, ieratico.

Domattina, così presto da essere ancora notte, sarò sul vialone in fondo al quale si trova l'aeroporto, pochi chilometri dritti e semplici, guarderò avanti con serenità e fiducia, sicuro di compiere un passo importante, di cogliere un'occasione che capita una volta nella vita.

Spunterà il sole di fronte a me, l'aria fredda e limpida del mattino mi darà la sveglia, e solo allora una domanda si farà strada in me.

Cazzo, il gas? L'ho chiuso?

DAG