venerdì 1 febbraio 2008

On the road again

Non potevo non mettere un titolo del genere viaggiando per gli Stati Uniti. E' il titolo più banale del mondo, lo so, ma ci sta proprio bene per questo post.

Finito il lavoro sulle Black Hills sono partito alla volta del Tennessee, destinazione finale Knoxville. Per risparmiare ho deciso di prendere il bus, il già collaudato Greyhound, che mi aveva portato da NY a Montreal durante la notte. Solo che quella tratta era una semplice tratta notturna di otto ore scarse. Questa volta ho viaggiato per trentasei ore consecutive. Ho cambiato autobus cinque volte, attraversato non so quanti stati e contee e cambiato, via terra, due fusi orari.


Rapid City - Sioux Falls;

Sioux Falls - Kansas City;

Kansas City - St Louis;

St Louis - Nashville;

Nashville - Knoxville.


La qualità del cibo che si può incontrare viaggiando con il Greyhound è terrificante, mi sono ritrovato a cacciare un misero biglietto da un dollaro in un distributore quantomeno sospetto che in cambio mi ha sputato fuori una salma di hamburger. Dolce. Freddo. Nel sacchettino di cellophane. Probabilmente scaduto. Sicuramente scaduto. Patatine fritte e biscotti ripieni di peanut butter erano le cose più sane che riuscissi a trovare nei distributori, non c'era altra scelta. Arrivato ad una fermata un po' più grande delle altre, mi sono gettato sul bancone del self-service. "Due cosce di pollo, per favore".

Salito sul nuovo pullman ho scelto astutamente il compagno di viaggio più truculento e buzzurro che potessi trovare: un energumeno ciccione in canottiera e con le spalle pelose, un cappellaccio da cow-boy in testa e un aspetto talmente lercio da far passare qualsiasi appetito. Non a me. Ho addentato famelico le cosce di pollo, fritte, unte, lasciando perdere qualsiasi forma di educazione e di contegno, ho spolpato il mio brunner (breakfast-lunch-dinner) con inevitabili rumorazzi, risucchi e sciaguattii, e finendo con le mani talmente unte da non aver cuore nemmeno di pulirmele sul sedile. Il vicino? Neppure una piega, si è limitato a guardare i grossi camion che sfrecciavano sulla corsia opposta per tutta la durata del fiero pasto. Arrivo a destinazione sfiancato, unto ma felice. (E sazio).


DAG

Un popolo di venditori

E basta con 'ste cose serie, e la tenda, e la montagna sacra, vediamo un po' cosa c'è in una normale cittadina americana, che più americana non si può, cosa vendono i negozi, come si mangia.

Premetto che in molti avranno già visto e vissuto le cose che descrivo ora, ma le racconto perché sono le cose che colpiscono noi italiani, e forse anche molti europei.

Due cartelloni pubblicitari hanno fatto breccia, tra i numerosi che ho visto: Il primo caldeggiava la visita ad un monumento nazionale, Mt. Rushmore (i faccioni dei presidenti ricavati a botte di dinamite dal fianco di una montagna, alla faccia dell'impatto ambientale) definendolo: "A life-changing experience", un'esperienza che ti cambia la vita! "Un immancabile momento di patriottismo", diceva pure. L'altro era un manifesto che segnalava la presenza di un casinò nei paraggi: "Afferra lo Spirito vincente!" facendo chiaro riferimento alla spiritualità di questi luoghi. Il profilo di un capo indiano rafforzava l'idea.

E' strano, qui. Da un lato hanno questa capacità organizzativa pazzesca, per cui prevengono ogni tua probabile esigenza o capriccio, e sono già prontissimi per vendertelo, cortesia inclusa, dall'altro sono come muli che vanno per la loro strada senza porsi alcun dubbio.

E' la regola entrare in un negozio e trovarsi di fronte al commesso che con un sorrisone complice ti fa: "Hei ciao! come stai oggi!?" (Ma perché, ieri mi hai visto con una brutta cera? Non ricordo...) Oppure sentirsi chiamare dall'altra parte del negozio (scordatevi le bottegucce, qui i negozietti hanno la metratura dell'Esselunga) "Ok, allora quando hai bisogno di qualsiasi cosa me lo fai sapere, vero?" Salvo poi che, sull'onda dell'entusiasmo e della familiarità acquisita, quando esci li saluti dicendo forte :"Ok, ciao ragazzi, ci vediamo" e questi ti guardano come noi guardiamo un piccione morto sull'asfalto.


Non sono certo il primo a notare che gli americani sono dei bambinoni, lo so. Ma immaginatevi cosa dev'essere entrare in un negozio di giocattoli, nel più grande della cittadina di Rapid City. E' un supermercato, diviso per categorie merceologiche, con un'area destinata ai giocattoli per bambini oltre i 18 - 20 anni, cioè trenini, aeromodelli a motore, motoscafi in grado di speronare una petroliera. Arrivo in fondo al negozio, nel reparto dedicato ai giocattoli istruttivi Uno scatolone contiene, come ben mostra il disegno, la mucca visibile. Il bambino, assetato di conoscenza, può divertirsi a montare e smontare una mucca in plastica grande quanto un sanbernardo e disporre in bell'ordine fegato, cuore stomaco e altre frattaglie del pacifico animale. Con un altro giocattolo andiamo oltre: il bambino (o chi per esso) passando una particolare lente di ingrandimento sul corpo di un dinosauro può vedere le ossa che ne costituiscono lo scheletro. Indispensabile. Se poi qualcuno di noi volesse ricostruire un modello in scala dell'Everest, lo può comprare per soli $14,99, con la neve finta da spruzzare sulla vetta, una volta portata a termine l'impresa!


Entro, poco dopo, in un negozio di armi. In un supermercato di armi. Era il classico posto in cui i buoni alla riscossa entrano e vanno subito a prendere le armi da guerra pesante: mitragliere con cartucce grandi quanto una salciccia, fucili in grado di trapassare tre elefanti in fila e pugnali con lama mimetica e bussola incorporata. Un'arma terrificante, dall'aspetto tanto crudele da essere ridicola, era reclamizzata dalla scatola dalla scritta: "Ora sei pronto". Ma per cosa? A che pericoli si espongono per aver bisogno di armi tanto terrificanti?


Veniamo al cibo. Cosa non piace ai bambini? Le verdure, si sa. Allo stesso modo in questi posti, andando a mangiare nei luoghi più comuni e popolari, non troverete l'ombra di una verdura fresca neanche a spararvi. Eppure, come abbiamo visto poco fa, spararvi sarebbe facilissimo. Tutto è fritto, piccante, salato, glutammato, esaltato, croccante, fritto, fritto, fritto. Le porzioni potrebbero placare la fame di un legionario dopo la battaglia. Appena entri al ristorante la cameriera ti accoglie sorridente e tutta civettuola, come un usignolo, tutta dichiarazioni di disponibilità e sbattiti di ciglia. Peccato che, a volte, abbiano un culo largo quanto il Civitavecchia-Olbia. Un usignolo di cento chili. Il cinguettio è funzionale al "Tip", la mancia che va lasciata a chi ti ha servito al tavolo e che, spesso, è buona parte dello stipendio. Potete finire il pasto, se avete perso ogni pudore, spalmando del burro d noccioline sul pane. Così, per un ulteriore insulto al fegato.


DAG

mercoledì 30 gennaio 2008

la casetta nel bosco

Cari tutti, ma proprio tutti tutti tutti.
Non sono stato cannibalizzato dagli indiani.
Non sono stato rinchiuso in qualche prison da qualche sceriffo obeso che mi ha preso in antipatia. Sono stato in un posto talmente isolato dal resto del mondo che non c'era campo per nessun apparecchio moderno. Casetta di legno in Tennessee, in mezzo ai boschi. Fiumiciattolo davanti a casa, talmente pulito che l'acqua si poteva bere. Davvero, era potabile. Totale assenza di umani, macchine, rumori.
Ho i polmoni più puliti di quando sono nato.
Adesso sono a NY, presto metterò sul blog le cose che ho scritto in questi giorni, abbiate fiducia!
Un abbraccio a tutti.
DAG