mercoledì 6 febbraio 2008

In giro per Nana

Nana è un quartiere di Bangkok molto popolato, ricco di bancarelle, centri per massaggi (con e senza extra) internet points e birrerie. Stasera, dopo essermi definitivamente ripreso dal jet-lag, ho voluto andarci, per non rimanere sempre e solo nella mia zona e perché cercavo un posto con internet.

Starò poco a Bangkok, e mi sembra giusto vedere il possibile di una città che cambia tanto rapidamente.

Sceso dallo Skytrain mi ritrovo in una via in cui si susseguono un internet point dietro l'altro. Qui in Asia il commercio non è organizzato come da noi, si radunano tutti i commercianti di una categoria in una via o in una zona e per un tratto vedi merce simile o identica nei negozi uno in fila all'altro.

Questa era la via degli internet points, ma avevo ancora voglia di camminare, così ho proseguito. Mi piace perdermi, quando vado in una città che non conosco e ho tempo. Sono libero di sbagliare direzione quante volte voglio, e magari scopro angoli che ai turisti non dicono nulla, ma che a me emozionano fino alla pelle d'oca. Come stasera, quando sono finito "in sbaglio" in un vicoletto su cui davano le cucine dei ristoranti. Il vicoletto aveva un canale, in mezzo, con un ponticello di legno per andare da una parte all'altra. In fondo al vicolo, che era chiuso, illuminato da candele, stava un altare. Pieno di fiori e offerte, giallo e rosso e con il Buddha contornato da incensi profumati. Il profumo dell'incenso si mescolava coi vapori delle cucine, che invadevano la via con i loro odori misto spezie e detersivi, il rumore del canale in sottofondo invitava alla calma. Sono stato lì un po', davanti all'altare, in penombra, lontano dal traffico caotico di poco prima.

In ben altra situazione mi sono trovato pochi minuti dopo, mentre percorrevo la via che era inequivocabilmente la via dei valigiai arabi.

Un commesso troppo magro, vestito finto elegante e con gli occhi di fuori mi si avvicina tutto sorridente:"Mister! Oh, mister, uèlcom!" "Eccolo", mi dico io, pensando già a come liberarmi di costui che mi tendeva la mano. Mi stringe la mano , tutto falsi sorrisi, con la sua barbetta, e mi invita ad entrare nel negozio di valigie.

Sorridendo gli dico: "No, grazie".

Insiste. "No, grazie".

Cerco, sorridente, di liberare la mia mano, ma lui non la molla. E' una tecnica adottata anche in Italia da alcuni ambulanti.

Insiste ancora. Quando capisco che non intende mollare la presa gli prendo il polso con l'altra mano e gli infilo il pollice alla base, fra i nervi. Sempre sorridendogli, sia chiaro, dò un vigoroso strizzone.

Poco dopo, nel mio gironzolare, quando ripasso casualmente davanti al negozio ma sull'altro marciapiede, lui è ancora lì, si sta massaggiando il polso.

Tiro dritto, in mezzo alla gente, ma sento una voce, dietro di me.

"Hey, mister!"

Oh cazzo, ancora? "Caluful, miste!" (careful, mister) grida la voce, "Attento!"Non era la sua voce, l'accento era orientale, non arabo. "Caluful, MIste!" Qualcuno mi stava avvertendo di un pericolo!

Non faccio in tempo a girarmi che una poderosa spallata mi fa scendere dal marciapiede. Mi giro di scatto e mi trovo di fronte all'ultima cosa che mi sarei immaginato. Un elefantino tendeva la proboscide verso di me e ciondolava la testa giocoso. La voce era di uno dei ragazzi che lo accompagnavano.

Mi sono fermato a dare un po' di pacche all'elefantino che era davvero un cucciolo, ma mi arrivava alla spalla, poi sono venuto via, felice, oltretutto, di aver trovato un internet point.

L'internet point da cui vi ho scritto questo post.


DAG

martedì 5 febbraio 2008

Bangkok

Fatto! Passato da Milano alcuni giorni fa, fatto il cambio della roba in valigia, visto solo famiglia, socia e Minni, nessun altro (o quasi) ha nemmeno saputo che sono stato per un po' di fianco a tutti voi! Ma quasi neppure io mi sono reso conto di essere a casa, non ne ho avuto il tempo.
Poi Malpensa, Cairo, Bangkok.
Dodici ore di fuso orario e una bella escursione termica in poco tempo (in South Dakota eravamo arrivati a meno venti, la notte della tenda, qui ci sono trentadue gradi) mi caricano di energia e mi fanno sentire in grado di andare ovunque.
La bordata di caldo umido mi ha fatto vacillare per un attmo nel momento in cui sono uscito definitivamente dall'aeroporto di Bangkok. Sbarco da un aereo della Egypt Air, popolato da molti asiatici, un certo numero di egiziani e un gruppo di italiani che aveva scritto in fronte: "anche io ho comprato il biglietto su internet mesi fa ed ero fiero di averlo pagato poco, adesso ho capito perchŽ ho speso cosา poco e mi sento meno figo di mesi fa...".
Non mi va di spendere per il taxi, cerco un bus che mi porti in cittˆ, nonostante qualche autista che cerca di tirarmi dalla sua mi dica: "non c' nessun bus che porta in cittˆ, sir!"
Rido e proseguo. Non pu˜ non esserci. Infatti c'. e mi ha portato per 4 dollari e mezzo attraverso la metropoli, lasciandomi nella zona della mia guesthouse. Preciso!
Avevo visto Bangkok anni fa, nel novantaquattro e nel duemila, e non mi era piaciuta. Troppo caotica, troppo rumorosa, inquinata, sporca, dispersiva. Ne avevo detto peste e corna. Solo che non avevo ancora visto Montreal, il suo opposto. Viva Bangkok! Tra le due preferisco il caos e le bancarelle per strada e i tuk tuk che fanno un rumore che mi ricorda la mia moto (sigh, la mia moto...!) le pozzanghere che ti sorprendono quando ci finisci dentro e ti bagni tutti i piedi non sai di cosa, il caldo che ti tiene compagnia e che ti fa sciabattare con calma per le vie affollate.
Bella cosa, il caldo, me ne godo un po' per ognuno di voi, vˆh!
DAG

post scriptum: le tastiere qui in thailandia non prendono tutti i caratteri senza lamentarsi, ogni tanto si incastrano. Sicuro che saprete decifrare lo stesso.
Devo riconoscere i pieni diritti a superpao, che voi conoscete come paola (la quale adesso sta facendo un giro analogo al mio ma nell altro emisfero)
l espressione brunner = breakfast+lunch+dinner, un pasto per tutte le esigenze, espressione usata qualche post fa. Grazie paola!

domenica 3 febbraio 2008

Warren

Anni fa mi trovavo su un pullman in Myanmar, in attesa di partire per il Nord del paese, quando notai un ragazzone che distribuiva caramelle e penne a sfera in mezzo ad una folla di bambini vocianti. Aveva un'aria talmente sorridente e contenta che rimasi a guardarlo per un po', ammirato da tanta felicità. Non dei bambini, sua.

Quello era Warren. Facemmo conoscenza sul pullman, scoprendo che andavamo nello stesso posto. "Da quanto sei in giro?" gli chiesi. "In Myanmar da due settimane, ma nel Sud-Est asiatico da tre anni". "Sei in vacanza da tre anni!?!?!?"-"No, sono in viaggio da tre anni". Era il primo viaggiatore di lungo corso che incontravo. Gente che mette via soldi in un modo o nell'altro e poi parte, viene in questi posti o in altri luoghi economici rispetto alla nostra vita occidentale, e rimane lì, adottando uno stile di vita modesto e rilassato, ma che gli permetta di stare il più a lungo possibile. Tra questi Warren è il viaggiatore più longevo che io abbia incontrato. E' in giro, anche se con piccole pause, dall'89. E' tornato varie volte nel suo paese, gli Stati Uniti d'America, per mettere a posto un po' di cose. Ha una casa e dei terreni in Tennessee. Li affitta e coi soldi dell'affitto vive in Asia. Warren prende il viaggio come un lavoro, una cosa molto seria. Ha delle regole che non infrange mai, scrive ogni giorno il suo diario annotandovi tutte le spese, fino all'ultimo centesimo. Cerca di decidere con largo anticipo i suoi spostamenti o le sue spese, in modo tale da cominciare a guardarsi intorno per trovare i prezzi migliori oppure per mercanteggiare e spendere il meno possibile, è in grado di ricordarsi esattamente quanto ha speso per una bottiglia di rhum comprata chissà dove non so quanti anni fa.

Prima di partire ha fatto quasi di tutto, e ne ha combinate di tutti i colori. E' stato uno dei barman più conosciuti di New York, ed è in grado di fare i cocktails migliori che io abbia mai bevuto (anche se è vero che non sono un intenditore). Estremamente semplici, ma ben bilanciati (questo infatti è un commento del Principe, che invece, in fatto di cocktails, è un vero intenditore). E' stato ospite delle galere di molti degli stati americani in cui ha lavorato o vissuto, ha creato una voragine finanziaria al posto del conto in banca che era riuscito ad aprire e poi è volato via.

Ora vive in Cambogia da qualche anno, con la sua fidanzata khmer. Parla khmer.

Warren ed io ci siamo incontrati ancora qualche volta in Asia (nel 2000) e a Milano nel 2007, durante un suo viaggio intorno al mondo, finanziato non voglio sapere come. So solo che nei diciassette giorni in cui è stato a Milano all'incirca un anno fa ci siamo divisi tutto, casa, serate, cibo, alcool. No, donne no. Non ce n'era...

Ora, questa è forse l'ultima volta che verrà qui in Tennessee, perché ha deciso di vendere casa e terra. Ci teneva particolarmente che venissi a trovarlo, è l'ultima occasione che ha per mostrarmi i luoghi in cui è cresciuto. Poi, Asia di nuovo. E lo rincontrerò, nella sua nuova patria, tra meno di due mesi, durante il mio vagabondare. Lui, neanche a dirlo, è felicissimo che io abbia intrapreso questo viaggio, anche perché vede che ho un metodo nel fare i programmi, e mi da una mano ad organizzare con preziosi consigli e indirizzi e posti da non perdere. Rivede un po' sé stesso agli inizi del viaggio.

Lui adesso ha cinquantatré anni ed è felice.


DAG