domenica 20 gennaio 2008

Mitakuye Oyasin

Avevamo pianificato, per la giornata di ieri, la visita ad alcuni luoghi di lutto per la cultura Lakota, tra questi Wounded Knee, il luogo del massacro in cui persero la vita più di trecento fra uomini, donne e bambini della tribù Lakota, massacro pianificato ed eseguito dall'esercito americano. Dopo aver visitato questi luoghi siamo tornati in albergo, a dire il vero abbastanza mesti anche noi, un po' per il tema della giornata, un po' per il tempo, che andava peggiorando, con neve ad intermittenza.

"Andiamo a letto presto, così domattina partiamo prima dell'alba e vediamo il sole sorgere dalla cima di Bear Butte", altra collina sacra.

Ero al computer quando, verso le sette e mezza (orario in cui volevo andare a dormire) suona il telefono della mia stanza.

"Ce l'hai un costume da bagno?" Era Austin, il mio amico-guida. "Si, perché?"

"Se vuoi possiamo andare ad un Inipi, ho saputo che alcuni amici hanno preparato la cerimonia per stasera"

L'inipi è la tenda in cui gli indiani d'America celebrano le loro cerimonie e recitano le loro preghiere, sotto la guida dello sciamano.

"Si, andiamo". Nessuna esitazione.

Intorno al falò si sono già radunati alcuni membri della tribù, e quando ci uniamo a loro questi ci salutano stringendoci la mano. "Hau", rispondiamo. Poche le parole scambiate, anche per via del freddo, ognuno pensa a tendere le mani verso verso la pira che, bruciando, scalda le pietre rituali.

"Lo fate anche voi, in Italia, questo?" mi chiede un vecchio dai capelli lunghi, in piedi di fianco a me.

"Certo... certo, magari non tutti i giorni, ma lo facciamo" Gli rispondo con un sorriso.

Dietro di noi, nel cortile di legno dal suolo innevato e gelato, sta l'Inipi, la tenda rituale. E' scura, bassa e circolare, a forma di igloo. Mi accorgo che qualcuno ha posizionato, davanti all'entrata, un teschio di bufalo, corna di cervo e un'ascia rituale. C'è una atmosfera di attesa, alcuni respirano profondamente, qualcuno rutta. Alimentiamo il fuoco, sempre di più, adesso fa veramente freddo, ci saranno venti gradi sotto zero, appena ci si allontana dal fuoco il vento ti taglia le guance e la neve (a queste temperature ridotta a sottili cristalli di ghiaccio) ha l'effetto di spilli che non danno pace. E' buio.

Ad un segnale convenuto, tutti cominciano ad allontanarsi dal fuoco, vanno di fianco alla tenda e si tolgono i giacconi, i cappelli. Io guardo Austin, senza capire. E' già a torso nudo mentre mi dice: "I vestiti li puoi lasciare su quella panchina, non c'è da temere".

"COSA???"

"Si, le calze mettile pure dentro le scarpe" è stata la sua risposta.

Non ho scelta.

Sono nudo, in costume da bagno, esposto ad una tormenta di neve a meno venti, con i piedi nudi sulla poca neve che copre la terra gelata, in piena notte. Sembra l'inizio del film "Trecento", solo che me lo sto vivendo sulla mia pelle, ammesso che ne abbia ancora una e non si sia trasformata in vetro.

Batto i denti, le ginocchia picchiano l'una contro l'altra senza controllo, ad uno ad uno entriamo nella tenda, dicendo la formula rituale: Mitakuye Oyasin, siamo tutti fratelli.

Mi siedo in terra, aiuto il vecchio irrigidito a sedersi di fianco a me, poi vengono portate le pietre roventi, color arancione, nella tenda, e il freddo comincia a diminuire, anche se tutti tremiamo ancora. Tutti tranne i vecchi, che sembrano insensibili al freddo.

Chiudono la tenda, le pietre incandescenti son l'unico riferimento visibile. Il sacerdote, dopo alcune formule rituali, butta acqua sulle pietre, la tenda si riempie di vapore.

Incomincia il sermone, metà in inglese metà in Lakota, intervallato da frequenti "Mitakuye Oyasin", siamo tutti fratelli.

Ad ognuno viene richiesto di pregare, ascolto le preghiere degli altri, quasi tutti si esprimono in inglese, pregano per i loro parenti, perché superino i momenti di difficoltà o trovino la forza per smettere con la droga o con l'alcool.

Qualcosa mi tocca ripetutamente un piede, ma non capisco cosa sia. Siamo seduti per terra, ma a queste temperature non ci sono insetti, poi è qualcosa di strano. Viene da me. E' il mio sudore che, gocciolando dal gomito, va a finire sul piede. Sono bagnato fradicio, sto gocciolando.

"E adesso vorrei chiedere anche a chi è venuto da lontano di esprimere la propria preghiera" dice lo sciamano.

E così anche io ho pregato, ad alta voce, ho pregato per la salute della mia famiglia e delle persone care, ho pregato perché la bellezza di questa terra arrivi al cuore di chi viene qui e per chi ha fatto in modo che io scoprissi questi territori e questa gente.

Un coro di "Hau" mi ha fatto capire che il gruppo approvava.

Mitakuye Oyasin.


DAG

La Montagna Sacra

L'America del Nord, geograficamente, è divisa in due dalla catena delle Montagne Rocciose, che fanno da spartiacque per tutti i fiumi e fiumiciattoli che la attraversano. Solo una montagna spicca, per la propria altezza, al di fuori delle Rocky Mountains, e si trova ad Ovest di queste. Indovinate dove si trova? Qui, nel South Dakota. Poteva non essere un posto sacro per la tribù Lakota? No. Infatti non solo è una montagna sacra, ma tra i luoghi sacri è il più importante, visto che sulla sua sommità andava a meditare Alce Nero, forse l'ultimo leader carismatico Lakota e autore di pensieri e meditazioni letti e riletti da oltre trent'anni (Alce Nero Parla).

Dopo una serie di tentativi andati a finire male, la mia guida e ormai anche amico, Austin, è riuscito a trovare una strada che non fosse chiusa per la neve troppo alta, fra tutte quelle che si avvicinano alla base della vetta. Abbigliati di tutto punto, maglie termiche, passamontagna e occhiali protettivi contro neve e vento, abbiamo iniziato la salita. Che, non starò tanto a dilungarmi, abbiamo interrotto per mangiare due panini rigidi (per il freddo) e fare qualche foto nei punti migliori. Salire è faticoso, quando si è coperti da così tanti strati la respirazione diventa difficile, sarà stato quello, sarà stata la macchina fotografica, ma mi sentivo spossato in modo anormale. Mi girava anche la testa e avevo gli straluccichi nello sguardo, ballava tutto! Mi sentivo un po' una chiavica, lo devo ammettere, ma non capivo perché. Ho chiesto ad Austin. "Troppo ossigeno per i tuoi polmoni", mi ha detto. "Hai già vomitato?" Ma che bella prospettiva! Perché, va a finire così? Mi ha spiegato che non andava per forza così, ma poteva succedere.

Non è successo, anzi, dopo quasi tre ore di salita siamo arrivati ad una scalinata in pietra ricoperta di ghiaccio, battuta da un vento molto forte, che aumentava la sensazione del freddo. Da meno quindici ti fa percepire meno trenta. La scalinata andava a finire in una piccola costruzione, sempre in pietra. Eravamo giunti alla sommità di Harney Pick, 7200 piedi (2160 m), il luogo di meditazione di Alce Nero, sovrastante foreste e rocce a perdita d'occhio, e vento che solleva neve farinosa dagli alberi in lontananza. Nessun altro rumore. Nessuna presenza umana per miglia e miglia. Nessun bisogno di parlare fra noi, solo lo sguardo e una felicità dentro, un senso di pienezza commovente.

Nota tecnica: a queste temperature bisogna sempre avere una batteria della macchina fotografica di riserva, che deve essere tenuta al caldo, magari nella tasca dei pantaloni. Il freddo uccide le batterie in pochi minuti. Il sistema autofocus può rallentare di molto (il mio si era bloccato) quindi bisogna scattare in fuoco manuale. Anche il software della macchina risulta così frenato dal freddo che le immagini scattate impiegano un secondo o due per comparire sul visore della fotocamera ed è sconsigliabile usare automatismi o funzioni program che imbolsiscono tremendamente l'apparecchio.

Sarebbe come voler suonare un violino sott'acqua. Scordatevi di fare più di tre foto se, per scattare, avete dovuto togliervi i guanti.


DAG

Messaggio Tecnico

Buongiorno o buonasera a tutti. Questo post è essenzialmnte un messaggio tecnico per tutti coloro i quali hanno scritto un comento e non se lo sono visto pubblicato.

Non so darvi una spiegazione precisa di quanto stia accadendo (presumo che la cosa si ripeterà, anche se è spiacevole) perché io ho autorizzato la pubblicazione di ogni post che ho letto finora.

Mi scuso quindi con chi non dovesse aver visto il proprio commento pubblicato. Il mio invito è quello di inoltrarlo nuovamente, se lo avete salvato nelle bozze. Grazie e scusate ancora.


DAG