domenica 20 gennaio 2008

La Montagna Sacra

L'America del Nord, geograficamente, è divisa in due dalla catena delle Montagne Rocciose, che fanno da spartiacque per tutti i fiumi e fiumiciattoli che la attraversano. Solo una montagna spicca, per la propria altezza, al di fuori delle Rocky Mountains, e si trova ad Ovest di queste. Indovinate dove si trova? Qui, nel South Dakota. Poteva non essere un posto sacro per la tribù Lakota? No. Infatti non solo è una montagna sacra, ma tra i luoghi sacri è il più importante, visto che sulla sua sommità andava a meditare Alce Nero, forse l'ultimo leader carismatico Lakota e autore di pensieri e meditazioni letti e riletti da oltre trent'anni (Alce Nero Parla).

Dopo una serie di tentativi andati a finire male, la mia guida e ormai anche amico, Austin, è riuscito a trovare una strada che non fosse chiusa per la neve troppo alta, fra tutte quelle che si avvicinano alla base della vetta. Abbigliati di tutto punto, maglie termiche, passamontagna e occhiali protettivi contro neve e vento, abbiamo iniziato la salita. Che, non starò tanto a dilungarmi, abbiamo interrotto per mangiare due panini rigidi (per il freddo) e fare qualche foto nei punti migliori. Salire è faticoso, quando si è coperti da così tanti strati la respirazione diventa difficile, sarà stato quello, sarà stata la macchina fotografica, ma mi sentivo spossato in modo anormale. Mi girava anche la testa e avevo gli straluccichi nello sguardo, ballava tutto! Mi sentivo un po' una chiavica, lo devo ammettere, ma non capivo perché. Ho chiesto ad Austin. "Troppo ossigeno per i tuoi polmoni", mi ha detto. "Hai già vomitato?" Ma che bella prospettiva! Perché, va a finire così? Mi ha spiegato che non andava per forza così, ma poteva succedere.

Non è successo, anzi, dopo quasi tre ore di salita siamo arrivati ad una scalinata in pietra ricoperta di ghiaccio, battuta da un vento molto forte, che aumentava la sensazione del freddo. Da meno quindici ti fa percepire meno trenta. La scalinata andava a finire in una piccola costruzione, sempre in pietra. Eravamo giunti alla sommità di Harney Pick, 7200 piedi (2160 m), il luogo di meditazione di Alce Nero, sovrastante foreste e rocce a perdita d'occhio, e vento che solleva neve farinosa dagli alberi in lontananza. Nessun altro rumore. Nessuna presenza umana per miglia e miglia. Nessun bisogno di parlare fra noi, solo lo sguardo e una felicità dentro, un senso di pienezza commovente.

Nota tecnica: a queste temperature bisogna sempre avere una batteria della macchina fotografica di riserva, che deve essere tenuta al caldo, magari nella tasca dei pantaloni. Il freddo uccide le batterie in pochi minuti. Il sistema autofocus può rallentare di molto (il mio si era bloccato) quindi bisogna scattare in fuoco manuale. Anche il software della macchina risulta così frenato dal freddo che le immagini scattate impiegano un secondo o due per comparire sul visore della fotocamera ed è sconsigliabile usare automatismi o funzioni program che imbolsiscono tremendamente l'apparecchio.

Sarebbe come voler suonare un violino sott'acqua. Scordatevi di fare più di tre foto se, per scattare, avete dovuto togliervi i guanti.


DAG

1 commento:

Anonimo ha detto...

Come è serio questo scritto. La montagna sacra, il panorama mozzafiato, il freddo, la difficoltà nello scattare foto ti hanno influenzato? Sembri quasi un’altra persona, ti salva solo la battuta finale. Al prossimo blog.