domenica 10 febbraio 2008

un mondo diverso

Esiste il mal d'Asia? So che c'è il mal d'Africa, mio nonno Giuliano me ne parlava spesso, ed è una sensazione di nostalgia (letteralmente il dolore del ritorno, da nòstos = ritorno e àlgos = dolore) che prende in modo inaspettato chi ha avuto modo di passare del tempo in Africa, a contatto con la gente del posto o comunque chi ha avuto esperienze reali al di fuori di un villaggio turistico in Kenia, ad esempio.

Ecco, questa stessa sensazione esiste di fatto anche per l'Asia? Intendo dire, è una cosa comune oppure la provo solo io? Perché adesso che sono qui ho la sensazione di aver lavorato da anni per poter finalmente tornare in questi luoghi, per poter di nuovo passeggiare fra una bancarella e una fermata di autobus, schivando pozzanghere e carrettini che minacciano continuamente il mio percorso, perché a volte, quando passo in mezzo ai vapori di una donna che cucina nel wok sopra un bidone pieno di braci, mi viene la pelle d'oca.

E guardo con ammirazione i ragazzi e le ragazze che si vestono seguendo sì una moda, che sono stravaganti per farsi notare, ma in modo tanto diverso da quello che ho visto in Europa e anche in America del Nord, in un modo che a me non sembra offensivo o aggressivo.

Vi ricordate i cartoni animati dei primi anni ottanta? I personaggi avevano i capelli acconciati in modo assurdo, tutti ciuffi e spari, magari colorati. Ecco, qui tendono a pettinarsi ancora allo stesso modo. E ne vanno fieri! L'estetica del posto fa sì che il tassista sia tutto contento di poter ospitare il suo cliente in un'automobile decorata come una fioriera, magari di un bel fucsia acceso, profumata come una baldracca della Parigi anni venti e con un'aria condizionata in grado di stroncare Armadouk sul colpo. E il loro entusiasmo è talmente genuino che alla fine vieni coinvolto anche tu e superata la differenza di gusti iniziale, gli dai ragione. E capisci che è giusto così. Sarebbe un po' come andare ad Haarlem e vedere tutte le mami in tailleur grigio e con una sobria pietruzza al collo, e qualche anellino discreto. Stonerebbe, no?

Il mal d'Asia, stavamo dicendo. Perché mi viene spontaneo essere attratto da un "ristorante" ricavato dal retro di un'autorimessa, in cui i tavoli sono malconci pianali in formica e le sedie instabili oggetti in plastica, in cui non c'è un piatto uguale all'altro e al posto del tovagliolo ti piazzano al centro del tavolo un bel rotolo di carta igienica? (certo, nell'apposito barattolo).

Perché provo istantanea simpatia per questi posti dai soffitti bassi e l'aria resa irrespirabile dai vapori di peperoncino, affollati di teste chine sulle loro ciotole di zuppa sbrodolante, mentre guardo con compassione la malinconica coppia di tedeschi - maglietta grigina e pappagorgia sudata - mentre aspettano inebetiti dal caldo che gli venga servito il loro sandwich? (Non ho mai visto un asiatico mangiare un sandwich, mi cascassero le orecchie).

Perché? Voglia di imitare? Di essere strano? No, non credo. Forse perché queste abitudini, e il modo in cui prendono la vita le persone del sud est dell'Asia mi sembra sano. Ieri mangiavo, appunto, in uno di questi ristoranti, è arrivato un vecchietto secco secco e dalla pelle scurissima, sicuramente era del sud. Si è messo a mangiare di fronte a me e abbiamo scambiato qualche frase, superando le difficoltà della lingua. Alla fine del pasto mi ha confessato che credeva che vivessi a Bangkok, perché avevo l'aria umile, sicuramente per la morte della sorella del Re (fatto avvenuto in questi giorni).

Gli ho risposto che ero molto rattristato per il luttuoso evento ma che no, ero di passaggio.

Son di passaggio, sì, ma tutto quello che provo qui me lo porto dietro, rimane con me.


DAG

1 commento:

titti63 ha detto...

Ciao DAGA, questo tuo ennesimo, bellissimo post mi fa capire che sei ancora lì, proprio nella "mia" meravigliosa Hanoi. Confermo che il mal d'Asia esiste e la voglia di rituffarsi in quell'aria puzzolente, tra quelle pagnotte sporche vendute in mezzo alla strada, di chiacchierare con le donne che ti vendono l'impensabile e di rivivere ogni momento già speso, è immensa e struggente.
Sembra impossibile, per chi non ha provato, che un mondo tanto lontano e diverso da noi, con la sua semplicità e la sua apparente arretratezza, possa entrarti così violentemente nel sangue...ma è proprio così ed è bellissimo lasciarsi cullare da queste sensazioni
Continua a darci tue notizie.
Saluti da Massimiliano.
Ciao, Alessandra