domenica 9 marzo 2008

...ancora Saigon...

C'è una battuta, nel film Apocalypse Now, detta da un soldato dell'esercito americano, che rende bene l'idea di questa città. Il soldato, dormendo, sogna di essere a casa, circondato dall'affetto della famiglia e in un ambiente a lui familiare; quando si sveglia, assordato dal costante rumore del traffico vietnamita, guarda fuori dalla finestra della stanza e dice semplicemente :"...Ancora Saigòn..." come se fosse una cosa che non finisce mai.
L'idea è quella, la moltitudine qui è una costante, il rumore della città è un rombo continuo che dopo un po' non viene più percepito ma che in qualche modo rimane dentro, esasperando o esaltando ogni sensazione e ogni stato d'animo.
Saigon non è una città tranquilla.
Ma è bella, finora la più bella tra quelle che ho visto finora. Anche perché a dispetto dei pochi giorni avuti a disposizione per viverla, la mia impressione è stata di appartenere a questa città, cosa mai successa ad Hanoi, per esempio, dove ho passato dieci giorni.
Il Go2 è un bar molto frequentato, sia da occidentali che da vietnamiti, aperto tutto il giorno e la sera fino a mezzanotte, cioè molto tardi per gli standard locali. Nella confusione di questo bar c'è anche un tavolo da bigliardo, a cui sta perennemente attaccato un ragazzo con una malformazione alle gambe. Forse una vittima dell'agente Orange, un simpatico omaggio della guerra che ancora oggi fa nascere bambini deformi.
K'uang, questo il nome del ragazzo, gioca a bigliardo e se si accorge che lo stai guardando ti fa un sorrisone e scambia volentieri qualche battuta. Per spostarsi deve aggrapparsi alle sponde del tavolo, visto che le gambe non lo reggono, ma lo fa molto velocemente. Imposta il tiro, ti guarda, sorride e fa un punto. Dopo un po' batte l'avversario, mai in modo clamoroso. Intasca i soldi e incomincia un'altra partita. K'uang è un professionista del bigliardo, si guadagna da vivere così, depredando gli americani a botte di cinquantamila dòng a partita, circa tre dollari. Saggiamente ogni tanto perde, altrimenti nessuno scommette più con lui.
T'aung è una ragazza di venticinque anni, amica di K'uang, ed è diversa da molte altre viet-girls. T'aung è una pagnottona, davvero cicciotta, dai modi bruschi e piuttosto sgraziati, e anche lei gioca a bigliardo piuttosto bene. Tanto da impartirmi sonore batoste, ecco. T'aung è simpatica, parla un buon inglese, dopo due sere che parlavamo attaccati ad una birra dietro l'altra mi ha detto: domani è il compleanno di mia sorella, mi farebbe piacere che venissi a casa, per festeggiare con la famiglia. "Certo, grazie!" - "Magari canti una canzone con il karaoke anche tu!" - "Ci puoi scommettere!" le rispondo. Già mi vedevo. Ci mettiamo d'accordo per le nove del mattino dopo (alle nove inizia la festa? Io all'asilo almeno le facevo di pomeriggio!) sempre lì al bar, mi sarebbe venuta a prendere in motorino. (Ma va? Anche lei ha un motorino!!) Prima di andare via mi dà una gran pacca in mezzo alla schiena e mi dice: "Ma vestiti bene domani, per favore!"
Ci son rimasto male. Avevo i jeans e una camicia bianca senza collo, abbronzato, avrei fatto bella figura anche al Twiga al tavolo con Briatore, adesso arriva questa zampogna e mi dice di vestirmi bene? Le ho chiesto come.
"Mettiti una camicia normale, come questa qui (e ha indicato un ragazzo che è rimasto stupito) e poi un bel paio di pantaloni corti, non i jeans!"
Ah... capisco.
Il mattino dopo mi presento al bar alle nove, camicia a righe e pantaloncini a scacchi (la classe, lo stile) e un sacchetto con un paio di birre comprate in giro per non arrivare mani vuote.
Lei è arrivata qualche minuto dopo e mi ha detto: "Bene, così vestito vai bene. Devo parlare con mia sorella, aspetta qui un quarto d'ora e prendi un caffè, poi andiamo!"
Non l'ho più vista.
In compenso, dopo un cenno di intesa fra loro, si sono alzati da un tavolino due ragazzi timidi, che mi hanno chiesto se potevano farmi qualche domanda per la scuola. Studiavano inglese e tra i loro compiti c'era quello di conversare con uno straniero che parlasse inglese. Ho accettato, ordinando un tè al miele.
Hanno tirato fuori un foglio con un questionario infinito e un registratore, e iniziato a sparare domande a nastro. E' stato parecchio divertente, perché anche io ho avuto modo di esaurire molte delle curiosità sulla vita in Vietnam e su Saigon, alla fine abbiamo scambiato le mail e mi hanno detto che la prossima volta loro avrebbero volentieri risolto qualsiasi problema io avessi avuto.
Hanno voluto a tutti i costi pagare loro il mio tè.

3 commenti:

Unknown ha detto...

che belle queste storie, dag!
pao

Anonimo ha detto...

La Biancheri sarebbe contenta nel leggere le citazioni ( anche se da film).
...ma poi le birre sono rimaste a te?

Anonimo ha detto...

Ma come! e io che già mi stavo pregustando un succosissimo racconto erotico-kitsch di questa festa di compleanno!! Che peccato, le tue superbe doti di narratore sono rimaste inespresse. Comunque dopo fangulào (dove, inutile dire, mi ci trovo di frequente anzi, ormai ci vado direttamente da sola!) un giretto in questo bar che descrivi è stato divertente!
Credo sia piaciuto anche a Dieguito: quando ha visto la tua faccia è scoppiato a ridere e si è buttato a braccia spalancate sul monitor!
Ci sentiamo dal prossimo autobus....
Tanì