martedì 27 maggio 2008

Scene da un matrimonio.

"Andrea, domani Huì ti invita per delle foto!" Mi dice il mio amico e assistente Phùc. "Ah, bene, vengo volentieri" Huì è un fotografo amico di Phùc, un personaggio all'interno della compagnia, uno che ha avuto un sacco di ragazze ed è considerato uno sciupafemmine, anche se porta sul volto i segni di un grave incidente stradale. E' pieno di cicatrici. Huì è il classico bello e dannato, sempre senza quattrini, artistoide, dai modi spiccioli e consapevole di avere un ruolo di trascinatore all'interno del gruppo. Huì fa il fotografo da quattro anni (ne ha ventisette) ed è considerato un "fico" perché guida una vespa. Una vespa d'epoca, anni sessanta, bianca e azzurra, che a Milano varrebbe una fortuna. E' furbo, Huì, e molto vispo, per questo le foto che gli ho dato da vedere sul cd erano assolutamente protette, impossibile stamparle o venderle.
"A che ora ci vediamo?" Ho chiesto a Phùc "Alle sette" mi ha risposto in modo piatto. "Come alle sette!? Di mattina??" - "Sì, certo. Ti passo a prendere alle sette" e ha messo giù.
Ecco. Bene.
Alle sette meno cinque stavo bevendo un caffè per strada, pronto e col casco in mano, per andare a vedere queste foto che evidentemente non potevano aspettare oltre, data l'ora dell'appuntamento.
"E la macchina fotografica dov'è?" Mi ha chiesto Phùc non appena mi ha visto. "Ma come? Non dobbiamo vedere delle foto?" - "No, devi farle!" - "Ah. Beh, vado a prenderla! Ah, scusa, così, giusto per curiosità, cosa dovrei fotografare?"
"Due che si sposano."
Siamo arrivati nella piazza della chiesa (che i vietnamiti, in barba a qualsiasi copyright, hanno chiamato "Notre Dame") e ci siamo messi ad aspettare Huì e gli sposi. Phuc indossava un maglione, io camicia aperta e ciabatte. "Phùc, non hai caldo?" Eravamo anche al sole. "Oh, no!! E' mattina presto, di mattina presto non fa caldo."
Va bene.
La chiesa apre solo poche ore al giorno, quindi la gente non può entrare a pregare. I vietnamiti, per lo meno la minoranza cristiana, non si danno certo per vinti: parcheggiano il motorino e, casco in testa, si inginocchiano nel piazzale antistante la chiesa per pregare a mani giunte. Alcuni fedeli sono ragazze accompagnate dal marito. Le ragazze, rosario in mano, pregano mentre il marito, seduto sul motorino di fianco a loro, si fuma una sigaretta. Poi riaccendono il motorino e vanno via.
Arriva una telefonata. "Dobbiamo andare al parco, si stanno truccando". Non sicuro di aver capito, salgo in sella e mi faccio portare nel giardino di fianco alla chiesa, dove la truccatrice ha portato la valigia con il necessario e sta truccando a fondo la futura sposa. Su una panchina al parco. Mentre comincio a fotografare la truccatrice sta mettendo le ciglia finte alla sposa, un soffio di vento fa volar via l'altro ciglio finto. Fermi tutti! Tutti in ginocchio nell'erba a cercare il ciglio finto. Gente passa e si complimenta con la sposa per il lieto evento, oppure guarda ma non dice nulla.
Intanto lo sposo è ritornato ai giardini anche lui. "Come mai era andato via?" Chiedo a Phùc. "Aveva dimenticato le scarpe. Era in ciabatte." - "Ah, capisco". Poi ho scoperto che lo sposo possiede tre negozi di scarpe, nella via (appunto) delle scarpe. E' un classico che si fosse dimenticato proprio di quelle.
Intanto il fotografo ufficiale ed io ci mettiamo a chiacchierare della vespa, lui mi dice che sa che la fanno in Italia, ma non sa dove sia l'Italia. "Che soldi usate in Italia?"
Poi scambiamo alcune informazioni tecniche su come devono essere fatte le foto per gli standard locali e incominciamo a fotografare. La sposa si deve ancora vestire e la chiesa è ancora chiusa, i cancelli sprangati.
"Ma quando entrano in chiesa, gli sposi?" Chiedo ancora a Phùc "Oh no! Non entrano in chiesa! Non si sposano in chiesa oggi!" - "...Ah... e dove si sposano?" - "Qui, al parco, o fuori." - "Eh? Un matrimonio all'aperto?" - "No, no... non capisci... il matrimonio non è oggi. Oggi è finto!" - "Come finto!? E quando si sposano?" - "A luglio." Ci capivo poco. "E come mai oggi si fa questo matrimonio finto?" - "Per le foto. Huì era libero solo oggi." Praticamente il fotografo qui lavora (alle dipendenze del padrone che possiede studio e attrezzatura) sette giorni su sette. Il primo giorno libero sarebbe stato a luglio. Non può lavorare da solo perché non guadagna abbastanza da comprarsi una macchina fotografica e tutto quel che servirebbe di contorno. Una galera.
"Ma scusa, allora tutto viene fatto qui fuori? Ai giardini?" - "Oh, no. Dopo andiamo all'ufficio postale." - "Che bello!" Un bel matrimonio davanti alle poste, ve lo immaginate? Eppure qui lo fanno...
Adesso la sposa sta andando, accompagnata dalla truccatrice e dalla fidanzata del fotografo, a vestirsi da sposa. Dove? Nei cessi dell'ufficio postale!
Lo sposo invece si cambia direttamente ai giardini, aiutato da Huì e dall'assistente fotografo che allaccia la camicia al futuro marito e lo tiene al fresco con un ombrellino.
La sposa, in tutta la giornata, cambierà tre vestiti. Qui non è come da noi (a questo punto del racconto forse ve ne eravate accorti) neanche per quanto riguarda il vestito: La futura moglie noleggia i vestiti da sposa (sempre più di uno) direttamente dallo studio fotografico, che li possiede, e così fa lo sposo. Non si fanno foto in chiesa. Invece si mette in atto ogni possibile scenetta in modo da raccontare per immagini la storia d'amore tra i due sposi: lui che la aspetta con il telefonino all'orecchio, appoggiato ad una palma e lei che spunta da dietro un'altra palma, lui che le fa attraversare la strada, lui che guida il xiclò e la porta in giro (sudando come un maiale, povero) lui che corre da lei portandole un mazzo di fiori, lei che lo aspetta guardando verso il cielo con aria sognante.
Poche storie se la sposa è timida, queste scenette devono essere realizzate in mezzo alla strada, la regia è fatta dal fotografo, con buona pace per le titubanze della sposa. Il marito, un grassottello commerciante di scarpe dalle unghie lunghissime, ben volentieri segue le direttive dello staff creativo, cui mi unisco volentieri, sfogando anni di frustrazioni e proponendo le cose più bizzarre che mi vengono in mente, dopo anni in cui i miei sposi, quelli che mi capita di fotografare in Italia, come unica richiesta hanno quella di evitare le foto in posa, salvo poi volerle all'ultimo momento.
Finiamo la sessione fotografica su un ponte, il famoso ponte sotto cui ero passato con la barca-ristorante poche sere prima. Se visto da sotto il ponte era un normalissimo ponte, visto da sopra era altrettanto banale. Oltretutto minacciosi nuvoloni si stavano accumulando nel cielo sopra di noi e già si sentiva l'odore della pioggia portato dal vento. Il ponte non offre nessun riparo, sembra di essere su un'autostrada. La sposa, vestita questa volta da caramellona rossa, tutta fiocchi e sbuffi di acrilico, sta correndo mano nella mano con il marito su e giù per il ponte, evitando talvolta per un soffio di farsi travolgere dalle auto e dai camioncini che le sfrecciano di fianco. Noi dobbiamo fotografare la folle corsa sotto i primi goccioloni d'acqua che arrivano a colpirci pesanti e sempre più fitti. L'estetica della cosa sinceramente mi sfugge, ma ho imparato a non farmi troppe domande.
Arriviamo dall'altra parte del ponte sotto una doccia inimmaginabile, le macchine fotografiche ben protette sotto la sella del motorino, noi grondanti acqua come dopo un tuffo in mare.
A casa di Phùc la madre sta lavorando alla macchina da cucire, Phùc mi dice di togliermi la camicia e mi da una sua maglietta. Poi prende il ferro da stiro e si mette a stirare la mia camicia. "Phùc, cosa fai?" - "Asciugo la tua camicia."
Un tesoro.
La mamma intanto ha tagliato un mango e ce lo serve, assieme a due coca cole. Mangiamo le fette di frutta condite con sale e pepe, mentre tutti si cambiano. La madre fa la sarta, quindi ci sono vestiti per tutti: la fidanzata del fotografo si mette un pigiama. Intanto ha smesso di piovere e ci dirigiamo verso il ristorante.
Al ristorante il marito la fa da padrone, offrendo da mangiare e da bere a volontà a tutti, ma si capisce lontano un miglio che l'attrazione del pranzo sono io, lo straniero. Un po' mi dispiace, non vorrei rovinare l'atmosfera del momento, un po' accetto la cosa, non mi sembrano persone molto attaccate alla forma, visti i precedenti. Si uniscono alla nostra tavolata alcune persone che non avevo notato prima: due ragazzine (anche loro in pigiama) e un paio di individui che non capisco se siano amici o parenti. Ma tanto qui in Vietnam si chiamano tutti e'moo'i, "fratellino" o "sorellina" anche se non si conoscono.
Intendo dire che al ristorante per chiamare il cameriere, l'espressione usata è "Fratellino, mi porti questo o quello?"
Il pranzo è colossale, ci sono almeno sette portate differenti, tre zuppe, carni di tutti i tipi. Phùc mi chiede: "Puoi mangiare alcuni insetti?" - "Certo!" Gli rispondo, sperando che non sia questo il momento. "E tu?" - "Io sì, ma qui non li hanno." - "Beh, dai, pazienza..." Gli dico, battendogli una mano sulla spalla. Mi rendo conto che sono abbastanza ubriaco, per via dei numerosissimi brindisi. Non me ne importa nulla. Son qui pacifico e felice, con questa sposa distrutta dalla fatica seduta davanti a me e al tavolo con questa gente strampalata con cui però mi trovo bene (forse dovrei togliere il "però?) pieno di ottimo cibo e contento per aver lavorato con loro; unico rammarico è quello di non poter parlare vietnamita correntemente.
Non ancora.
Concludiamo la giornata in una sala da bigliardo, dopo aver lasciato le donne a casa del fotografo, ormai tutte in pigiama.

DAG

5 commenti:

Tanì ha detto...

ehi nouveau Balzac, sei arrivato dalla tua piccola sarta cinese?
baci

Anonimo ha detto...

Ciao Andy,
sono rimasta molto indietro con la lettura delle tue avventure. In questi giorni ho avuto poco tempo e venerdì divento di nuovo zia. Mi riprometto di riprendere il filo del discorso almeno per capire dove sei. Intanto complimenti per la mostra....dalle immagini che hai pubblicate si vedono sullo sfondo delle foto molto belle: ma sono tue?!?....dai che scherzo, un abbraccio.

DAG_photo ha detto...

Perfida che succede??? Non sento le unghie... Stai poco bene? Hai preso le distanze da me? Cosa sono 'sti complimenti? Eh?
Ti abbraccio. Sì, sono mie quelle foto, per rispondere anche a Tanì.. Le altre stanno viaggiando alla volta dell'Italia via nave.

Anonimo ha detto...

Non svegliare il can che dorme...

Tanì ha detto...

Il fatto che tu non stia scrivendo da un po' può solo significare che stai vivendo così intensamente da non aver tempo di raccontarlo!
... oppure non hai nulla da dire? no, dai!!
Approfondisci sempre di più.
Io nel frattempo mi godo gli ultimi giorni di libertà...