lunedì 26 maggio 2008

Folla oceanica.

Alla inaugurazione della mia mostra non è venuto nessuno. Non sono triste, non preoccupatevi, non mi aspettavo certo di dover fendere la mandria dei fans bombardato dai flash dei colleghi, è stato carino lo stesso.
Sono arrivato alla galleria e le foto erano già lì (i vietnamiti sono puntualissimi), incorniciate e pronte per essere appese, appoggiate ai muri o ad altre foto di formato più grande. Ad accogliermi le persone che lavorano nella galleria, tutte parecchio giovani, dirette da miss Thùi, la giovane manager che si prende cura di me e mi prepara i contratti.
Ho comunque portato con me la macchina fotografica per documentare l'evento e mi sono vestito bene per l'occasione, il che vuol dire pantalone nero con riga (ormai ex riga) camicia bianca e scarpa gialla.
Abbiamo fatto alcune foto con lo staff e ho documentato il fatto che le immagini sono state esposte, ci siamo fatti alcune foto in posa facendo gruppo davanti alle immagini. Poi abbiamo visto i contratti, ma c'erano alcune cose che non andavano bene ed erano pieni di errori, quindi Thùi mi ha detto che li avrebbe riscritti, se potevo tornare nesquik.
Nesquik significa "next week".
Ma chi ha scritto i contratti? Le ho chiesto. "Macìste!" Mi ha risposto. Maciste è "My sister", mia sorella.
L'inglese di miss Thùi è uno dei più teneri che abbia mai incontrato. Siccome volevo fare una sorta di festeggiamento per l'occasione ma non sapevo bene come fare ho pensato bene di invitare miss Thùi a cena fuori, per fare un regalo a me e per ringraziarla delle attenzioni nei miei confronti.
Ho comunque avuto il tatto di fare l'invito senza farmi sentire dalle colleghe, visto che in questi ambienti il gossip è feroce e per una ragazza locale può essere compromettente uscire con uno straniero.
Miss Thùi ha ventisette anni.
Ci siamo dati appuntamento per le sei al molo opposto alla galleria fotografica, cosa che mi ha confermato che non voleva essere vista dal resto dello staff. Io ho pensato bene di essere in ritardo di due minuti (due di numero, non scherzo) e mi ha telefonato per dirmi: "Aamìi, uéiàiù?" (Io sono qui, tu dove sei?) con tono stupito e preoccupato. Puntualità confermata. Sono arrivato un po' trafelato e scusandomi, l'ho trovata sorridente ad accogliermi, vestita in modo informale, ma ugualmente carina.
Le avevo proposto di andare a mangiare il pesce, e per tutta risposta mi ha detto: "Ok, il pesce lo posso anche mangiare, ma non mi piace!" Ovvio che ho trovato un'altra soluzione. I vietnamiti sono di un candore disarmante, come avremo modo di vedere più avanti.
Le ho proposto di andare da Nàm Bò, "I Cinque Manzi" (ormai un po' di vietnamita lo mastico, anche se è difficilissimo) che poi è il posto in cui ero stato a mangiare con Nakano il giapponese e la vietnamita elegante, ma Thùi ha rifiutato, dicendo che era troppo lontano. Però conosceva il posto e avevo scelto bene. Mi ha detto: "Ma perché non mangiamo qui? Indicando uno dei battelli ormeggiati sul Saigòn river, battelli che ospitano ognuno un ristorante, la classica trappola per turisti.
Ero un po' riluttante, ma ho accettato lo stesso, visto che faceva piacere a lei, oltretutto ho capito che lì non avrebbe potuto incontrare nessuno che la conoscesse, evitando quindi di compromettersi.
La cena è andata benissimo, le difficoltà della lingua sono state superate in maniera brillante e lei si è rivelata un'ottima commensale, bevendo birra (con moderazione) e mostrandosi sempre sorridente, senza risparmiare anche alcune frecciatine su di me. Il cibo non era buono, del resto io non avevo neanche fame, visto che avevo mangiato alle tre del pomeriggio e alle sei ero nuovamente a tavola. Ad un certo punto tutto il pavimento ha iniziato a tremare, Thùi ha detto: "Evviva, si parte!"
"Come, si parte?" - "Sì, andiamo a fare un giro!"
Vero! Il barcone, pochi minuti dopo, si è staccato dal molo per andare a fare un giro di un'ora lungo il Saigon river. "Arriviamo fino a vedere il ponte!" Mi ha detto tutta eccitata, come se stesse svelandomi un segreto piccante. "Bello! E' un ponte speciale?" - "Passa da una parte all'altra del fiume", mi ha spiegato. Mi sono sorpreso a fare di sì con la testa tutto sorridente, mentre mi chiedevo a che cosa servisse un ponte se non per andare da una parte all'altra di un fiume. Ma vabbè, mi son detto, io vedo le cose all'occidentale.
Invece il giretto è stato proprio bello, abbiamo visto tutti i palazzi più alti della città, gli hotel più lussuosi, illuminati nella calda notte di Saigòn e Thùi ha fatto un sacco di foto col telefonino. Ho capito che per lei era comunque un'esperienza bella, ci stavamo sinceramente divertendo.
Mi ha raccontato che prima di lavorare come manager per la galleria di mr. Minh aveva lavorato in una agenzia di pubblicità, perché sa usare il computer, poi due anni fa ha cambiato lavoro. Lavora nella galleria sette giorni su sette, undici ore al giorno con due ore per la pausa pranzo. Nella pausa pranzo, dopo aver mangiato, si sdraia dietro la scrivania e dorme. Poi si sveglia e continua a lavorare. Solo due giorni al mese può stare a casa dalla galleria, ma lei non lo fa quasi mai. Quattro mesi fa ha comperato un ristorante, molto piccolo, solo sei tavoli, ma con tanti sgabelli! (come ci ha tenuto a precisare) e tra un anno lo vende e ne compra uno più grosso.
Ripeto, ha solo ventisette anni.
Alla fine del giro il il cameriere è venuto a portarmi il conto; mi aspettavo una sassata, ma è stato molto peggio. Seicentocinquantamila Dòng!!! Una cifra spropositata! Solitamente mangio con dieci - quindicimila.
Ho ovviamente pagato senza batter ciglio, contento di aver preso una bella mazzetta di banconote prima di uscire di casa, ché non si sa mai. Ci sono rimasto un po' male, ma ovviamente non l'ho dato a vedere.
"Adesso ti porto con il motorino fino al tuo albergo" mi ha detto Thùi una volta sbarcati. "Magari vuoi guidare tu?" - "No, grazie, per me va benissimo se guidi tu". So che è un'altra cosa imbarazzante per una ragazza di qui farsi vedere alla guida di un motorino con uno straniero al seguito a meno che non sia il compagno, ma davvero preferivo che guidasse lei nel folle traffico di Saigòn. Quando siamo arrivati a destinazione mi ha detto: "Sono molto felice della serata. Grazie" diventando tutta rossa, poi ci ha pensato un po' su e ha aggiunto: "E' stato come andare in vacanza nella mia città". Vero anche questo, e vero anche per me. E' stata la classica cosa per turisti, con spettacolino e pianobar inclusi, ma ce la siamo goduta fino in fondo. Salendo le scale per tornare nella mia stanza ho fatto due conti.
Seicentocinquantamila dong sono l'equivalente di dodici euro a testa.
Uguale a panino - birra - caffè nel più normale bar di Milano, se non sbaglio.

DAG

1 commento:

Tanì ha detto...

ma allora le tue foto sono quei meravigliosissimi ritratti in bianco e nero che si intravedono sullo sfondo? poi vedo dei paesaggi e dei templi sull'acqua, anche quelli tuoi?
Comunque evviva Miss Thui e pure Maciste!!
p.s. spesso seminare è molto più emozionante che raccogliere...