giovedì 20 marzo 2008

Cosa c'è dietro ad un sorriso?

Solo una vaga idea di come sia regolata la vita in Asia, di quanto siamo distanti dal poter capire questo mondo, che ha una logica differente dalla nostra. La tentazione di emettere giudizi è forte, ma addentrandoci nelle cose che ci è dato di vedere qui prendiamo sempre più le distanze dalle nostre sentenze, capendo che noi, con la nostra logica, non c'entriamo nulla.
Dagli asiatici ci aspettiamo il sorriso. L'accoglienza servizievole, gli inchini a mani giunte e questa atmosfera un po' zen e pacifista che tanto piace a noi europei, da un po' di anni a questa parte. E il sorriso è una delle cose che più volentieri ricordiamo dei nostri viaggi in Asia. Diventa, in alcuni casi, un parametro di giudizio. In Vietnam del sud sono più sorridenti, in Laos dicono che sorridano tutti, ah come sorridono in Thailandia! Sorridono a noi, i Falàng. Il termine dispregiativo per indicare gli stranieri. E noi tutti felici ci sentiamo accolti in un mondo di pace e serenità.

Tre ragazze siedono una dietro l'altra, sui gradini di casa. Mi guardano e mi sorridono quando si accorgono che le osservo da un po'. Si stanno togliendo i pidocchi. La terza li toglie alla seconda che li toglie alla prima. Si interrompono quando a quella di mezzo suona il cellulare e deve alzarsi per rispondere.

Un motorino investe un cane di piccole dimensioni. Motorino e guidatore fanno un ruzzolone tremendo, il guidatore si sbuccia tutte le mani. Il cane guaisce da matti, scappa a nascondersi sotto un'auto, davanti al negozio della padrona, una ragazza. La ragazza cerca di far uscire il cane dal nascondiglio.
Tutti sono intorno al motorino e al motociclista sbucciato. La ragazza è riuscita a tirar fuori il cane, che lascia, dal naso, una striscia di sangue sull'asfalto. La ragazza guarda il cane morire a poco a poco sotto i suoi occhi. Gente intorno parla a voce alta, alcuni ridono, la ragazza non muta espressione. E' assolutamente neutra. Poco dopo sento il cuore del cane e le dico, tristissimo: "E' morto..."
La ragazza, solo a questo punto, cambia espressione. Mi fa un sorriso. E porta via il cane.

Banchini per strada, chiedo una zuppa. La situazione igienica è precaria, la carne appesa al sole tutto il giorno non mi attira, dico due o tre volte alla padrona del banchino :"No meat!" e lei ripete, ridendo: "No meat!, No meat!" Tutta la famiglia ride e ripete "No meat!, No meat!"
Mi ritrovo una zuppa piena di carne, carne di tutti i tipi.
Ingenuo. Non sono tenuti a sapere cosa significhi "No meat". Colpa mia che pretendo che gli altri sappiano l'inglese.

Il proprietario della guesthouse di Phnom Penh una mattina mi incontra e mi chiede in angloasiatico, a bruciapelo: "Allora oggi vai a sparare?" Siccome shooting è il termine che si usa anche per scattare fotografie, gli rispondo istintivamente che sì, sarei sicuramente andato a fare un po' di shooting. "Ah!", mi fa lui tutto felice, "a che ora?" intanto mi chiedo come faccia a sapere che ogni giorno vado in giro a scattare fotografie, visto che di me non sa nulla. "Mah, ... non so" rimango sul vago per non dare informazioni e gli chiedo: "Tu a che ora mi consigli?" "Ah, la mattina è meglio, perché vanno tutti! E poi ci sono più polli!"
"Prego?"
"Sì, cosa vuoi, ad una certa ora i polli finiscono, è normale."
"Eh..certo..." Capisco allora che lo shooting di cui parliamo non è la stessa cosa per lui e per me.
Una delle attività favorite dei khmer e di (ahimé) numerosi turisti è quella di andare a sparare. Con armi vere. Ai polli. Un dollaro a pallottola, due dollari per il pollo. Vivo. Ma non è tutto. Lasciando stare i passaggi intermedi (tra cui la possibilità di sparare con un M16 da trenta colpi ovvero trenta dollari in pochi secondi) ho scoperto che con duecentocinquanta dollari puoi sparare con un bazooka ad una mucca. Non riesco neanche ad immaginare la cosa.
"No, grazie, sono un non violento, non mi piace uccidere, sono buddhista", sperando di bloccare qualsiasi argomento in proposito con questa risposta.
In Cambogia il regime di Pol Pot solo pochi anni fa ha sterminato un paio di milioni di persone così, nel moderato tentativo di creare una nuova razza controllabile. (Vedere il film "The killing fields" per saperne di più).
"Allora puoi sparare alla foto di Pol Pot!", mi ha prontamente risposto con un sorriso.
Semper parati estote.

Il sorriso significa certo, nella maggior parte dei casi, accettazione e buona disponibilità d'animo, ma non pensiamo che dietro ad ogni sorriso ci sia quello che noi vogliamo intendere per come siamo abituati.

DAG

3 commenti:

Anonimo ha detto...

..."artista a tutto tondo" come ti definisce Lupo e filosofo. Sei una fonte inesauribile di sorprese, una più bella dell'altra. Un sorriso anche da me.

Tanì ha detto...

A me personalmente un pochino il sorriso si è spento con il racconto del cane...
un bacio, artista dalle mille e una dote

Unknown ha detto...

so' sconvolta.
mi mandi una mail quando hai tempo, o mi dai un appuntamento in skype, ché mi manchi?
ti voglio bene,
pao

p.s.: stasera ho un appuntamento, è il quinto ragazzo (ragazzo: quindi più giovane di me!) con cui esco da quando son qui.
in 2 mesi a bs as ho beccato + che in 5 anni a milano, i casi son 2: o a testa in giù son fighissima o in patria abbiamo qualche lieve problema relazionale.
w i limoni!
così, tanto per abbassare un po' i toni intellettuali