domenica 6 aprile 2008

e la locomotiva pareva un mostro strano

Ecco, sono arrivato in Laos! Ieri sera, dopo l'ultimo giro per Bangkok ad assaporare facce, profumi e luoghi mi sono fatto portare alla stazione e sono salito sul night train che mi avrebbe portato al confine. Il treno va a motore, e resta acceso dentro la stazione, per cui tutti i gas di scarico intossicano i passeggeri finché non si esce dalle volte della stazione (un vecchio edificio in stile coloniale) e si prende velocità. L'interno del treno è ristretto ed ingombro di strutture di alluminio, strutture che dovranno sostenere le cuccette. Tutto quello che non è alluminio è dipinto di un bel color verdino. Sembra di stare in un sommergibile, per la mancanza di spazio ed il caldo mostruoso che vi si è accumulato. In questi giorni a Bangkok il caldo non ha fatto che aumentare, arrivando ai 42 gradi e fermandovisi, è il periodo in cui sta per iniziare la stagione delle piogge e perfino i Thailandesi, popolo dalla pelle di ceramica, sudano, anche se con dignità.
Quando partiamo il treno rimane aperto. Presa una certa velocità, idem. Le porte e le finestre del treno non si chiudono mai. Polvere e insetti creano un turbinìo incessante nel vagone, tutto sventola e sbatacchia.
Arriva l'omino che fa i letti. Con una velocità sorprendente abbassa i ripiani, mette le lenzuola, le federe, assicura le cinghie per non volare di sotto a chi dorme al piano di sopra, e mette le tendine per la privacy. Le tendine svolazzano e addio privacy. Mentre ti fa il letto devi andare a sederti da qualcun altro, perché sei senza posto, ed è tutto un inchino e un sorriso e un socializzare con gli altri passeggeri. Immaginatevela in Italia una scena del genere. Immaginate che musi lunghi.
Sdraiato nella mia cuccetta non posso che boccheggiare, il caldo è davvero troppo. Sono tutto sudato, nonostante il turbine d'aria che agita il treno. Il ventilatore attaccato al soffitto, mosso probabilmente da un Isotta Fraschini in grado di far decollare un bombardiere, crea un potente ma inutile flusso d'aria verso il pavimento, aggiungendo turbolenza a tutto il sistema. E rumore al rumore. Cerco di distrarmi con la musica, ma le cuffiette dell'iPod nulla possono contro l'uragano lanciato nella pianura in cui ci troviamo a viaggiare. Incrocio lo sguardo del mio vicino, un ragazzo giapponese che si dispera anche lui per il caldo. Ci mettiamo a ridere come due stupidi per la situazione assurda, e decidiamo di andare nel vagone bar, per mettere un freno alla cosa. Scopro che parla due parole di inglese, è in Thailandia per studiare Thailandese e fa il pugile. E', manco a dirlo, appassionato di fotografia e fotografa tutto ciò che vede. Se sul ring ha la stessa grazia di quando compone le inquadrature allora poveri avversari, non vorrei essere al posto loro. Non è grosso, ma è definito da far paura. Beato lui...
Comunque è amichevole e sorridente, ci beviamo una coca cola. Il vagone bar ha la stessa atmosfera di un ciringuito su una spiaggia tropicale: due casse enormi, degne di un concerto dei Pink Floyd, diffondono musica locale a tutta potenza, le due cameriere in camicetta blu si aggirano tra i tavolini e per richiamare la tua attenzione ti danno uno schiaffo su un braccio, poi si mettono a ridere quando le guardi. Se ordini qualcosa di diverso da una birra ci rimangono male e ti dicono: "No bìa? No?" (No beer?) e ti guardano come se gli stessi facendo un torto. Ci tengono che ti ubriachi sul loro treno, evidentemente, ne fanno un punto d'orgoglio. Penso al Greyhound in America, dove se hanno appena il sospetto che tu abbia bevuto non ti fanno neanche salire.
Jun, questo il nome del pugile giapponese, estrae dalla sua borsetta un pacchetto di fogli colorati e mi guarda mentre lo osservo incuriosito. "Origami", mi dice, e si mette a piegare e ripiegare il foglietto. Ne viene fuori, a smentire la rozzezza delle sue inquadrature, una cicogna perfetta, che mi regala con faccia seria. Prendo la cicogna con tutte le cautele, per evitare che voli fuori dal finestrino, e la guardo tutto contento. Lui mi sorride e dice :"Furèn!" (friends) e io gli ripeto "Furèn, furèn", stringendogli la mano.
Ecco, ho trovato un nuovo amico.

DAG

1 commento:

Unknown ha detto...

che cosa poetica!
pao