domenica 6 aprile 2008

Il treno nel cielo.

Torno a Bangkok come si potrebbe tornare a casa, me ne rendo conto. Riesco, dopo la prima notte in cui sono completamente scombussolato dalle dodici ore di differenza con gli Stati Uniti, a trovare una stanza nella mia guest house preferita, dove il proprietario si mostra contento che io sia tornato ma mi rimprovera perché non gli ho mandato una mail per avvisarlo. Adesso c'è solo la stanza col ventilatore, quelle con l'aria condizionata sono tutte occupate. Meglio, mi dico, tanto io non uso neanche il ventilatore! A trentacinque gradi riesco a dormire come un angioletto.
Rispondono al mio saluto gli omini del fritto di fianco a casa, le donnine della zuppa, la proprietaria dell'agenzia viaggi. Mi chiedono come sto, dicono che sono contenti di rivedermi.
I compiti principali di questo terzo ed ultimo soggiorno thailandese sono quello di ottenere il visto per la Cina e, poiché ho avuto conferma che il lavoro in Bangladesh dovrà essere rimandato e fatto, ahimé, in Italia, organizzare il viaggio in Laos, mia prossima meta. Altro obiettivo è ristabilire orari e stomaco, che dopo l'America sono sottosopra. A tal proposito mi metto a seguire una dieta morigerata, cerco di dormire quando riesco, se mi sveglio nel cuore della notte non me la prendo e mi metto a leggere. Bangkok è, un po' come New York, la città che non dorme mai, volendo potrei andare in giro a qualsiasi ora, ma preferisco il giorno.
Di giorno posso fotografare la gente sullo skytrain, la metropolitana che corre sopra la città, una specie di treno sospeso che in pochi minuti collega i punti nevralgici della città. La vista dello skytrain e delle poderose strutture in cemento armato che lo sostengono mi affascina, questo serpente che si snoda a quindici, venti metri sopra le teste delle persone, sopra il traffico delle automobili, dei tuc tuc e dei motorini mi ricorda il Naga, il serpente dalle sette teste che protegge il Buddha durante la meditazione. I Thai vanno orgogliosi dello skytrain, e la vita su questi livelli sopraelevati, che in alcuni punti si sdoppiano, si dividono e poi, dopo essersi insinuati fra i grattacieli, si riuniscono, è un brulichìo incessante di persone in entrambi i sensi di marcia, tutti sembrano piccini, veloci.
Dal livello strada saliamo con le scale o con le scale mobili oppure con l'ascensore al primo livello dello skytrain, quello pedonale. Qui possiamo incrociare anche i numerosi passaggi sopraelevati che consentono di attraversare gli incroci e le strade più grosse, cosa non facile, ma soprattutto pericolosa, a Bangkok. Questi percorsi sospesi, sempre coperti per proteggerci dalle piogge monsoniche quando queste arrivano, portano anche direttamente all'interno dei centri commerciali, di cui la città è letteralmente disseminata. Arriviamo ad una parete piena di pulsanti. Ognuno fa il conto di quanto costa il proprio biglietto, paga e in pochi secondi ottiene una tesserina in plastica magnetizzata. Si entra nell'area a pagamento. Poliziotti controllano che il flusso sia costante e aiutano chi ha difficoltà. Saliamo ancora di un livello, andiamo ai binari. Qui possiamo attendere il nostro treno guardando la televisione oppure godendo della vista della città dall'alto, che è quasi sempre quello che faccio io, curiosando fra i ristoranti e i bar oppure godendo della vista dei grattacieli. Alcuni grattacieli, già altissimi di per sé, hanno gru montate sul tetto, verranno innalzati ancora di più.
Arriva il treno e notiamo che le persone si dispongono lungo le linee con le frecce segnate sul pavimento. In mezzo c'è uno spazio vuoto. Quando il treno arriva si ferma esattamente in corrispondenza delle frecce e i passeggeri scendono e percorrono lo spazio vuoto centrale, poi noi saliamo nel vagone. Nessuno supera gli altri, o fa il furbo, o sgomita o si pianta in mezzo. L'aria condizionata dello skytrain è una ghigliottina che secca la gola e ci irrigidisce all'istante. Ecco, forse questo è l'aspetto ancora da calibrare...
Arrivati a destinazione (le fermate vengono annunciate in Thai e in Inglese) non ci resta che riinfilare la tesserina nel cancelletto e andarcene. La tessera, se tutto è andato bene, rimane intrappolata nella macchinetta e verrà riutilizzata e rimagnetizzata un numero indefinito di volte. Il tutto sempre sotto lo sguardo dei poliziotti, che a me è sembrato protettivo e tutelare.
Abbandoniamo il serpente di cemento per tornare sulla terra, in mezzo alle bancarelle, ai vapori di peperoncino, ai tuc tuc, al terreno sconnesso che ci fa tenere d'occhio il nostro tragitto, ai mercanti di strada. Alla Bangkok che non è ancora salita sullo skytrain.

DAG

Nessun commento: