mercoledì 2 aprile 2008

Good morning ladies & gentlemen...

Il rientro dagli Stati Uniti è stato abbastanza traumatico. Il viaggio, tutto sommato, era anche partito bene: sveglia ad un orario naturale, colazione tipica (eggs and bacon, spremuta d'arancia, black coffee e toast col burro) e trasferimento all'aeroporto col pulmino. Rapid City è così piccola che non ha un regolare servizio taxi, con due passi in più ti ritrovi fuori dal centro abitato, e l'hotel Alex Johnson, di ben otto piani, è di gran lunga l'edificio più alto di tutta la cittadina.
All'aeroporto si arriva un quarto d'ora prima, per ogni tipo di volo, visto che il terminal è grande quanto la sala d'attesa del veterinario. Pure i controlli all'aeroporto si svolgono in un clima di rilassata compagnoneria: l'ufficiale addetto al controllo bagagli prima mi chiede le chiavi per aprire il lucchetto della mia valigia, poi quando vede che gliele dò subito (l'altra volta mi avevano troncato il lucchetto senza troppi complimenti) mi dice: "No, ok, va bene, ci ho ripensato, sembra a posto, come valigia". E ti credo che sembra a posto, è una valigia! Ma preferisco lasciar perdere.
Il volo si svolge tranquillo, se si esclude che il mio vicino è un ciccione oversize da servizio di Studio Aperto sull'obesità. E' così grasso che il suo fianco, non so come, ingloba il bracciolo fra i due sedili e straripa nel mio posto, schiacciandomi il gomito. L'omaccione, dalla faccia buona e la barba lunga, mi guarda e mi dice, tutto contento: "He he... big man".
Non posso che essere d'accordo, gli sorrido di rimando, mi è simpatico.
I problemi sono cominciati a Minneapolis, quando ci hanno imbarcato sull'aereo per Tokyo. L'aereo, un Boeing 747 - 400, enorme, si stacca dal finger, fa cinquanta metri e si spegne tutto. Si accendono le luci di emergenza. Ci guardiamo in faccia stupiti, ma nessuno dice nulla. Dopo dieci minuti, stessa storia. L'aereo ritorna al finger. "Good morning ladies & gentlemen, sono il vostro capitano..." Problema all'impianto elettrico, dice che in mezz'ora sarà tutto risolto. Aspettiamo un'ora. Riprova. Tutto come prima, succede di nuovo. "Good morning ladies & gentlemen..." Qualcuno sbuffa, altri si lamentano. Molti passeggeri sono, ovviamente, giapponesi. Nessun giapponese dice alcunché, si limitano ad ascoltare con gli occhi un po' più aperti del solito.
Dopo tre ore: "Good morning ladies & gentlemen, continuiamo ad avere lo stesso problema..." Un coro di "Shit! Fuck! Incredible! Never again!" eccetera si alza dai sedili, dove ormai regna il bordello. Il male comune aiuta evidentemente a socializzare, perché nessuno più è seduto, tutti chiacchierano fra di loro, si agitano, si scambiano i posti, tutti tranne i giapponesi che, dopo aver ascoltato lo stesso messaggio con gli occhietti sempre più aperti dicono (ma solo quelli dall'animo più ribelle): "Oooohhhh...." e non fanno niente.
Passa un'altra ora. "Good afternoon, ladies & gentlemen..." Questa volta ci sbarcano dall'aereo, ci danno un buono sconto di 250 dollari in aggiunta ad un altro di 25 da utilizzare sulle linee della stessa compagnia, ci assicurano vitto e alloggio fino al giorno dopo. Lasciamo l'aereo un macello, sembra che gli Unni vi abbiano fatto un rave party con droghe scadute. Evidentemente in quelle quattro ore ognuno di noi ha dato il meglio di sé per produrre più pattume possibile e cercare di smontare il sedile di quello davanti. Hanno anche pensato di tenerci buoni col cibo, dandoci da mangiare più o meno ogni ora. Idea geniale e deleteria allo stesso tempo: come tieni buoni trecento americani nervosi? Pappa. Cibo. Cosa ti lasciano in giro trecento americani sazi ma comunque non contenti dopo quattro ore di snack, patatine, caffè, caramelle, biscottini, vassoietti, panini, baggianate? Una merda d'aereo. Da buttare.
La coda per ritirare il voucher per l'albergo è lunga come la Stramilano negli anni d'oro, non ho la minima intenzione di farmela tutta. Vado semplicemente al desk vicino, della stessa compagnia, e in pochi minuti ottengo un voucher per una stanza in un albergo davvero di lusso, il Ramada, con piscina e internet inclusi.
Il giorno dopo ho scoperto che alcuni sono riusciti a ritirare il voucher a mezzanotte e mezza. Io alle sette ero in stanza, a cantare sotto la doccia.
Cena tristissima, da solo in un ristorante enorme, dove mi ammazzo trangugiando, a spese della compagnia aerea, un intero fianco di maiale ricoperto di salsa barbecue, una batteria di costine (almeno quattordici) cotte alla perfezione, ma davvero troppe per il mio stomaco. In stanza crollo addormentato dopo sette minuti.
Alle tre e un quarto del mattino mi ritrovo a passeggiare per la stanza tutto sudato, cercando di digerire e dandomi del pirla senza limiti.
Tanto l'Asia mi invita alla moderazione, tanto gli Stati Uniti mi spingono all'eccesso, mi vien da pensare. Meglio tornare nella mia Bangkok, vàh, che almeno mi dò una calmata...

DAG

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