giovedì 17 aprile 2008

Al tempio per il nuovo anno.

La ragazzina che ha assegnato le camere a Jun e a me ha solo quattordici anni, ma è sveglia come una di trenta. Anzi, scusate, conoscendo un po' di ragazze intorno ai trenta mi sento di dire che è più sveglia della media delle trentenni che conosco io.
Ha un vocabolario di circa dieci parole di inglese, ma riesce a farsi capire. Dopo averci indicato con ordini precisi le stanze (tu dormi lì, tu dormi là) non si sa in base a quale criterio, si è messa a fare conversazione con Jun, il quale di parole inglesi ne conosce quindici. Non so come, dopo un po' l'ho vista andar via e tornare con un vassoio pieno di pezzi di anguria, tagliati di fresco. Si sono messi in un angolino a parlare, con il manuale di conversazione Giapponese-Lao di Jun. Non so e non voglio sapere di cosa parlassero, ma tra i due è nata una simpatia. Ovviamente per ragioni d'età nulla poteva succedere, ma siamo stati praticamente adottati dalla ragazzina e dalla famiglia di lei, composta da un numero indefinibile -e mai chiarito- di personaggi.
Una delle conseguenze più belle di questa adozione è stato l'invito al tempio per la cerimonia del nuovo anno.
In Laos il capodanno dura tre giorni, durante i quali si celebra anche il "Waterfestival" (cosa che avviene simultaneamente anche in Thailnadia). Nel primo giorno si celebra l'anno passato, riposandosi e bevendo birra Lao (la miglior birra del sud est asiatico, che raccoglie seguaci tra i turisti di ora in ora), nel secondo giorno si celebra il cambiamento, ovvero il passaggio dal vecchio anno al nuovo (andando al tempio e bevendo birra Lao) e nel terzo giorno si festeggia l'arrivo del nuovo anno, tirandosi gran secchiate d'acqua e bevendo (ma va?) birra Lao.
E' nel secondo giorno che siamo andati al tempio con le due ragazzine. Ci avevano dato appuntamento alle tre, e noi alle tre ci siamo fatti trovare pronti per andare al tempio, nonché vestiti bene (sì, io in camicia a righe e braghette a scacchi, ormai ho capito come ci si veste, altroché Armani). "Aspetta" ci dice Cìn, la ragazzina sveglia, "Go mama" e noi siamo andati dalla sua mamma che, tra parentesi, è più giovane di me di due anni. La mamma stava penosamente cercando di tagliare una radice arancione con un machete enorme, mettendo le fettine in un bicchiere. Era un'offerta rituale per il Buddha. Le ho prestato il mio coltellino svizzero, e con quello è riuscita a portare a termine l'impresa conservando tutte e dieci le dita. Abbiamo osservato la preparazione delle offerte con attenzione, senza poter aiutare ma memorizzando tutto. Una volta mescolate le fettine di radice arancione nell'acqua, viene aggiunto succo di limone e una boccetta di solvente prelevata da una scatola di decolorante per capelli. Questa ha il compito di sciogliere la radice e dà anche un buon profumo alla mistura. Altri due secchielli d'acqua con dentro fiori bianchi profumati vengono presi e messi da parte, poi ci vengono messe delle collane di fiori al collo e braccialetti in cotone bianco con una treccina per augurare buona fortuna nel nuovo anno. Così agghindati, distribuiti i bicchieri con la mistura e i secchielli con acqua e fiori, ci incamminiamo alla volta del tempio. Le due ragazzine ridono quando si girano a guardarci, rovesciando circa metà delle offerte durante il cammino a furia di ridere. Jun e io inizialmente siamo seri, tutti compresi nel cammino verso il tempio, poi cominciamo a farci sgambetti a vicenda, gridando allo scandalo quando l'altro rovescia un po' d'acqua per terra. Al tempio diventiamo seri di nuovo quando vediamo la moltitudine di fedeli radunati ad ascoltare le parole del monaco anziano. Tolte le ciabatte, ci uniamo agli altri, saremo stati in tutto trecento persone, tutte assorte nella preghiera, le mani giunte davanti. Finito il sermone, tutti in piedi! Si corre verso un punto in cui giovani monaci distribuiscono pezzi di vetro molto grossi e di vari colori, azzurro, verde, trasparente, giallo, ognuno cerca di prenderne uno, poi si torna ai secchielli portati al tempio, e si strofinano i vetri con foglie di bambù e mezzi limoni tagliati, per pulirli simbolicamente (credo dalla polvere dell'anno vecchio) si sciacqua tutto con acqua abbondante e poi si va a lavare le numerose statue del Buddha che sono state raccolte su un ripiano piastrellato. Sui Buddha si versano anche le misture che ognuno ha portato. Nei pochi minuti passati le misture si sono ossidate e hanno assunto un bellissimo color oro, sembra di versare oro liquido sui Buddha, è il massimo degli onori.
Nel momento dell'"oro colato" avviene qualcosa ce mai mi sarei aspettato. Una anziana signora prende lo slancio e tira una secchiata d'acqua lavando tutti: dai ragazzini ai monaci a qualche turista sopraggiunto con la macchina fotografica. Tutti ridiamo, e inizia una fantastica battaglia collettiva a secchiate, cui partecipano anche i monaci! E' come se dopo la messa di Natale il prete finisse di dire messa e iniziasse a tirare palle di neve a tutti, o come fare a gavettoni in chiesa, tutti contro tutti.
L'acqua è una benedizione, più si è bagnati più si sarà fortunati nel nuovo anno.
Credo che il prossimo anno sarò abbastanza fortunato, ma il più fortunato di tutti sarà Jun. Con la meticolosità e l'ingenuità tipica del giapponese, era venuto al tempio con i pantaloni da pioggia, impermeabili. Soffriva un caldo pazzesco, ma si sentiva al sicuro. "Sono impermeabili! Non mi bagno!" Mi aveva detto quando lo avevo guardato inorridito alla partenza.
Gli ho scostato l'elastico dei pantaloni e gli ho versato una intera secchiata nelle mutande.
Buon anno!

DAG

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