giovedì 17 aprile 2008

Isoletta.

Tre giorni fa sono arrivato nell'estremo sud del paese. Al confine con la Cambogia il Mekong si allarga in un arcipelago, detto "le 4000 isole" o anche la Halong Bay del Mekong, perché ricorda la celebre baia nel nord del Vietnam. Si arriva al villaggio di Dhon Dhet con un pulmino che parte da Pakxé e si ferma nel fango a bordo fiume. Il viaggio procede su una canoa a motore che porta fino all'isoletta su cui si può dormire. Il Lao in questi giorni sta festeggiando il capodanno, per assicurarmi di avere un posto in cui dormire una volta arrivato al villaggio avevo precedentemente telefonato alla guesthouse che mi sembrava facesse al caso mio e ho prenotato una stanza, chiedendo che non ci fosse l'aria condizionata, ma solo il ventilatore, un po' perché odio l'aria condizionata, un po' per risparmiare. "Guarda, qui non abbiamo la corrente, quindi non c'è problema. Non avrai né il ventilatore né l'aria condizionata" mi dice il proprietario. Mi sono sentito un po' pirla, sempre a presupporre che ci siano tutte le comodità. Volevo andare in un posto isolato, primitivo, a contatto con il mondo dei locali? Ecco, ci sono arrivato. Sull'isola esiste un collegamento internet, i computer sono alimentati da un generatore e la linea telefonica è via satellite (così almeno dice il cartello scritto fuori dalla baracca).
I costi sono da satellite, in ogni caso. Cerco di usare internet meno che posso. La ciliegina sulla torta è stata una bottiglia d'acqua che ha deciso di aprirsi nella mia fedelissima borsetta coi cagnolini, bagnando tutto: iPod, portafogli, busta coi soldi, piantine, ma soprattutto il telefonino. Centottanta euro buttati via, il telefonino non si accende più, nemmeno dopo essere stato esposto per due giorni al caldo dei tropici. E soprattutto sono isolato dalle comunicazioni via sms, molto comode. Sono infuriato per questa storia della bottiglia, il telefonino mi faceva anche da videocamera, da sveglia e da orologio. Prima di arrivare in un posto in cui trovarne un altro uguale devo aspettare di essere in Cina. In una città abbastanza grossa.
Ma veniamo agli aspetti più piacevoli del viaggio: nell'isoletta di Dhon Dhet la sera si cena alle sei e mezza, quando comincia a fare buio. La festa di capodanno di ieri è iniziata alle otto, finita alle dieci e mezza. I generatori che producono la corrente necessaria vengono accesi alle sei di sera e cessano di funzionare alle dieci. A quell'ora l'isola sprofonda rapidamente nel buio, diventa territorio degli insetti e degli animali notturni. Intossicato da spray antizanzare e circondato da zampironi fumanti me ne sto ad ascoltare appoggiato alla balaustra in legno del mio terrazzino, in un caldo umido che mi fa sgocciolare in continuazione. Suoni, versi e rumori nuovi ogni minuto giungono alle mie orecchie da lontano o mi sorprendono da pochi metri di distanza. Poi me ne vado a dormire. L'altra notte ero al riparo della mia zanzariera, sul mio giaciglio di legno (scordatevi i materassi) quando un potente scrollone ha fatto ballare tutto. Ho aperto gli occhi, ma era così buio che potevo anche tenerli chiusi. Non c'è la luna, in queste notti, a filtrare tra le assi sconnesse della mia baracca su pali. Mentre mi chiedevo cosa potesse essere, seduto sul letto e sinceramente un po' spaventato (un terremoto?) è arrivato un altro scrollone, più forte del primo. Sono uscito dal bungalow e ho intravisto, alla luce delle stelle, l'enorme schiena grigia di un bufalo che brucava tra i pali della mia casetta sospesa. Ogni tanto, nel girarsi, urtava con un fianco un palo e faceva ballare tutto. Sonori sbuffi dalle froge sembravano esprimere soddisfazione per il pascolo trovato. Sono stato a guardarlo per un po', poi sono tornato, tranquillo, a dormire.
A sudare, anzi.

DAG

2 commenti:

Unknown ha detto...

andre, poi cancella questo inutile commento, il cui unico scopo è chiederti: "ma, in tutto questo spostarsi, ciuli?".
se hai voglia rispondimi via mail.
sempre tua,
pao

DAG_photo ha detto...

niente... ma niente di niente.
E poi con chi, con l elefanta?
Ma devo dire che non e che ci pensi neanche tanto, poi.