giovedì 17 aprile 2008

In mezzo ai laotiani.

Vi ho già detto del bus, di quel viaggio tanto scomodo, ma fatto in mezzo alla gente del posto. E' uno dei desideri di tanti viaggiatori incontrati, quello di poter davvero uscire dal ruolo del turista cui vengono riservate tutte le comodità e condividere con gli abitanti del paese le cose più comuni come uno spostamento in autobus, una cerimonia rituale o il cibo che viene mangiato ogni giorno nel modo in cui lo preparano e lo mangiano loro.
Se per il cibo ci possono essere, purtroppo, riserve dettate dalla prudenza (noi non siamo provvisti degli stessi anticorpi che hanno le popolazioni autoctone, quindi ci possiamo ammalare molto più facilmente di loro) e dal buonsenso, per quanto riguarda la vita di tutti i giorni possiamo tranquillamente unirci ai locali, sempre che questi ce lo permettano. In Thailandia è abbastanza difficile, in Laos è possibile, così come in Vietnam, soprattutto al sud.
Prendere un autobus scassato e scomodo non è soltanto un modo più economico di viaggiare, ma diventa una vera e propria esperienza perché ti fa capire come queste persone, che materialmente non hanno l'accesso a tutte le cose che per noi ormai sono date per scontate, diano profonda importanza all'educazione, alla generosità ed al rispetto reciproco. E fa riflettere su come viviamo noi.
Qualche esempio.
La signora anziana che era salita con la bambina in braccio, quella cui Jun ha ceduto il posto, ha avuto grandi difficoltà, per la prima parte del viaggio, a tenere la bimba, che era in preda ad una crisi di pianto isterico. La pargoletta cacciava strilli così forti che anche il guidatore ad un certo punto si è girato ridendo per chiedere se tutto andasse bene. Ognuno, nel bus, si è prodigato per far smettere le disperate lacrime della bambina: chi la chimava e iniziava a cantare, chi ha regalato un succo di frutta bevuto solo a metà, chi dei dolcini. Jun ha fatto l'origami della cicogna, vabbè, ovvio. La bambina lo ha sbavato subito rendendolo una disgustosa pallina di carta e muco. Ho riso con Jun. Io cercavo di fare come faccio con gli animali per catturare la loro attenzione. Non ve lo dico come faccio, ma con gli animali funziona. Quella bambina aveva un lato animale particolarmente poco sviluppato, perché ogni volta che incrociava il mio sguardo cacciava uno strillo più acuto degli altri e scuoteva la testa disperata. Fortuna che come autostima sono a posto. Comunque poco importa il pianto della bambina, fatto sta che tutti hanno fatto qualcosa per migliorare la situazione della povera nonna. E della bambina isterica.
Il bus popolare, lo chiameremo così, fa parecchie fermate. La maggior parte di queste è fatta al volo, l'autista vede una valigia o due per strada, o una cesta, e capisce che qualcuno le ha messe lì perché deve prendere il bus. Il bus arriva alle valigie, suona e la persona arriva corricchiando. Il ragazzo dei bagagli prende la valigia e mentre il bus riparte si arrampica sul tetto e lega i nuovi bagagli agli altri con cinghie o funi. Ad ogni fermata il bus viene preso d'assalto da ragazze che vendono da mangiare: mezzi polli alla brace tenuti da due stecchi di legno o uova sode, in genere tre in fila, infilzate in un altro stecco di legno. Tutto fatto al momento, a bordo strada, su brace di legno. Un cibo fantastico. I ragazzi che stavano di fianco a me non parlavano inglese, ma due cose sole mi hanno saputo dire: "Can you speak Lao?" (Puoi parlare in Lao?) e "Sorry for the bus" (Ci dispiace per questo bus). Se alla prima domanda ho dovuto rispettosamente dire che no, non parlavo la loro lingua, e me ne scusavo, la seconda frase mi ha fatto una gran tenerezza: capivano che se per loro era il modo usuale di muoversi, per me poteva essere una cosa brutta viaggiare così. Loro si vedono passare davanti agli occhi questi autobus a due piani, di fabbricazione coreana, che vanno spediti e prepotenti, con un'arrogante scritta "VIP BUS" sul parabrezza e immaginano che i "falang", gli stranieri, vogliano viaggiare solo su quei mezzi distanti e condizionati, esclusivi. Che brutto il termine "esclusivo". Davvero ignorante.
Beh, fatto sta che al ragazzo che mi chiede scusa per il bus offro il mio iPod da ascoltare, lui tutto felice si attacca alle cuffiette e ride con gli amici. Poco dopo mi sento bussare sulla spalla, un uovo già sbucciato mi compare davanti alla faccia. E' lui che per ricambiare mi offre un uovo. Lo ha sbucciato per me! Grazie! Gli dico con entusiasmo, e addento l'uovo sodo.
Per fortuna ho notato solo in un secondo momento le unghie del ragazzo. Nere.
Nere come le mie, però.
(Stessa scena dell'uovo mi è successa con due ragazze cui ho regalato una rivista di pettegolezzi laotiana trovata su un altro bus. Dopo aver guardato le figure e aver constatato che siamo tutti attratti dalle stesse morbosità gliel'ho passato: hanno pelato un mandarino e me lo hanno offerto).
Comunque quello che mi è rimasto impresso è il senso di comunità che anima questa gente: non si capisce mai se si conoscono oppure se siano estranei, perché fra loro pare non ci siano filtri: si passano le bottiglie d'acqua l'uno con l'altro, si scambiano da mangiare, si passano addirittura l'uno con l'altro i bambini da tenere in braccio senza nessuna preoccupazione, e se hanno sonno si addormentano uno sulla spalla dell'altro, maschi con maschi, senza paranoie di machismo. Il tutto con un senso di rispetto e pudore che esclude ogni forma di promiscuità o di fraintendimento. A proposito di machismo superato (o mai instauratosi) non è raro vedere ragazzi con le unghie laccate di blu o militari con graziosi cappellini rosa a fiori per proteggersi dal sole.
Certo, le regole dell'educazione sono diverse da quelle che vengono impartite a noi: Le unghie di uomini e donne vengono lasciate crescere lunghe e tenute da conto perché almeno ci si può pulire le orecchie o il naso, cosa che viene fatta in qualsiasi momento e di fronte a chiunque. Tagliarsi le unghie dei piedi dietro al bancone del proprio negozio, mentre si mostra una maglietta o una sciarpa al cliente, è considerata una cosa assolutamente normale, così come sputare per terra dopo aver raschiato ben bene bronchi, polmoni e gola, in un crescendo degno di una moka da dodici. La soffiata di naso avviene con la grazia di un calciatore, due dita a turare una narice, e slancio in avanti al momento giusto, magari appena fuori dal ristorante in cui si sta pranzando gomito a gomito. Stanno mangiando e trovano un osso, o il limone è stato spremuto sino in fondo? Tirano tutto per terra. A fine pasto una discarica di rifiuti viene spazzata da terra da una cameriera sorridente, vien data una passata di spazzola sul tavolo e via! Pronti per il prossimo cliente.
Ho avuto modo di chiedere, parlando con una persona del posto che parlava inglese meglio degli altri, come percepisse gli altri del proprio paese: "Come fratelli", mi ha risposto, ma la chiave di tutto è l'educazione che viene impartita loro sin da piccoli: Il figlio deve rispettare il padre e la madre e le persone anziane, deve addirittura seguire quello che gli dice il fratello o la sorella maggiore. La legge dello stato è una legge da seguire, concetto semplice e diretto.
Mi sembra di aver capito che il concetto di individuo è tenuto in considerazione, ma più ancora quello di collettività.
Poco mi cambia se le regole del bon ton sono diverse dalle nostre, il rispetto che sta alla base è quello che a me piace, soprattutto se si considera che questo, unitamente al modo di vivere buddhista, genera un clima socialmente rilassato, lontano dalla violenza che si vede in altre parti del mondo. Qui molte ragazze viaggiano da sole senza dover temere alcunché. In Turchia meglio non farlo, come dimostrano i recenti fatti.

DAG

2 commenti:

Anonimo ha detto...

come è bello questo tuo post, invidio molto quello che stai vivendo tu

Unknown ha detto...

bellissime le tue parole e bellissimo quello che vedi.
pao