sabato 3 maggio 2008

Il fiume silenzioso.

Non c'è solo il Mekong in sud est Asia. Non ci sono solo i grandi fiumi, l'Irrawaddy, il Chao Phraya. Ci sono anche una moltitudine di fiumi che in Italia sarebbero enormi, ma che qui quasi scompaiono di fronte ai colossi d'acqua che attraversano questi paesi, un po' per proporzioni, un po' perché scorrono in zone completamente isolate e senza città di rilievo.
Il Nam Ou è uno di questi fiumi. L'altro giorno Enrico ed io abbiamo deciso di noleggiare un kayak per mezza giornata, pagando ventimila kip, ben tre dollari. Il kayak, una imbarcazione in plastica blu pesante come una petroliera, ha due sedili e due remi in dotazione. Alcuni ragazzi ci avevano detto che si poteva chiedere di essere trasportati oltre le rapide da un'imbarcazione a motore (pagando) e poi discendere lungo il fiume seguendo la corrente e senza far fatica.
"Mai", ci siamo detti, senza il minimo dubbio.
Le rapide erano a trecento metri dal villaggio, subito dopo la prima curva. Il tentativo di andare controcorrente remando, anche mettendocela tutta, è naufragato miseramente. Quasi subito abbiamo capito che non ce l'avremmo fatta, ma non ci siamo persi d'animo. Aggrappandoci ai rami siamo riusciti a portare il kayak sul bordo del fiume. Io (non chiedetemi perché) avevo portato con me una cosa sola: una cima lunga una ventina di metri.
La cima si è rivelata subito utile: abbiamo trascinato il kayak camminando controcorrente, riuscendo quasi subito a superare la parte più dura. Il povero Enrico è finito in una buca fino al collo, ma per fortuna non si è fatto nulla. Passate le rapide ci sentivamo già eroi, e abbiamo proseguito controcorrente, prendendo dimestichezza con l'imbarcazione, con la corrente del fiume (scoprendo che al centro è più forte che in prossimità delle sponde, due vere giovani marmotte!) e con la sincronia dei remi. Ad ogni curva del fiume scoprivamo un paesaggio sempre più primitivo, immerso in un silenzio incantato, silenzio che era sottolineato dai lontani richiami degli uccelli e dal ronzìo di qualche insetto che ci passava vicino. Lo sciaguattìo dei remi era di gran lunga il rumore più forte in tutta la valle, l'aria ferma e il cielo nuvoloso rendevano tutto irreale. Uno stormo di sottili uccelli bianchi stava volando sopra di noi, senza alcun rumore, verso nord. Il paesaggio che ci circondava poteva essere così anche un milione di anni fa, a giudicare dalla tracce lasciate dall'uomo: nessuna.
Più o meno ogni mezz'ora passava una barca col motore scoppiettante. Voltata la prima curva, spariva il rumore e noi tornavamo a guardarci intorno sbalorditi da tutto il verde che ricopriva le montagne intorno e che si rifletteva nell'acqua del fiume.
Sono rimasto conquistato dal silenzio di questa parte di mondo che quasi nessuno ha mai visto ma che è davvero sbalorditiva, che mi ha rimesso fiducia nelle risorse che abbiamo sulla terra.
Abbiamo remato dalle dodici e mezza alle cinque e mezza circa, poi abbiamo deciso di fare ritorno. Contavamo sulla corrente che ci avrebbe fatto prendere velocità, contavamo addirittura di lanciarci nelle rapide e di passarle con il brivido del rischio di andare a sbattere contro qualche roccia, ma la corrente del Nam Ou dev'essere buddhista anche lei, perché è placida e moderata. Giusto vicino alle rapide abbiamo preso un po' di velocità, poi siamo tornati a galleggiare in mezzo allo specchio d'acqua, con un movimento lento e sonnacchioso.
Un angolo di mondo davvero speciale. Il Lao si sta guadagnando il primo posto nella classifica, gente.

DAG

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